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Maledetto non fu l’inglese. Intervista al direttore della Crusca
Nella cinquecentesca Villa medicea di Castello, poco lontano da Firenze, questi sono giorni quieti. Fin troppo. « Il lavoro non manca, ma non so più con chi litigare » , racconta sornione Claudio Marazzini, che dal 2014, da quando cioè dirige l’Accademia della Crusca come «dal ponte di comando di una portaerei», ha incontrato più burrasche che bonacce.
Partiamo dal lavoro. A quale velocità, e come, sta cambiando l’italiano?
«Tutte le lingue d’Europa, in particolare quelle romanze, stanno facendo disperatamente i conti con la dittatura dell’inglese. È la risposta delle classi dirigenti a essere diversa. E anche quella delle persone. Sa, per esempio, che la pronuncia di wi- fi in Spagna e in Francia è vi- fi? ».
Interessante, ma non penserà che dovremmo farlo anche noi.
« No, certo. Noto solo che hanno adattato la pronuncia al forestierismo, sereni nell’uso della loro lingua. Noi, sempre un po’ sudditi».
Un termine che la irrita particolarmente?
« Dress code. Specificare il “codice di abbigliamento” è necessario in Paesi come gli Stati Uniti, dove un professore può presentarsi a lezione in infradito. Che lo si puntualizzi in Italia riflette al massimo un malcostume in crescita».
L’italiano di oggi produce più neologismi dell’italiano di ieri?
« La capacità di creare nuove parole appartiene a tutte le epoche. Solo che la rete oggi le fa circolare estesamente».
Quanto è ostile, professore, a parole come “refreshare” o “svapare”?
« La coniugazione in - are è quella che maggiormente produce neologismi, scandalizzando i puristi. Ma non c’è niente di male. Mica è obbligatorio avere tre coniugazioni. Se mi è consentita una profezia, direi che un giorno tutti i verbi saranno in - are ».
A proposito di puristi, vi accusano di essere un po’ di manica larga.
«Chi si lamenta forse ha in mente l’Accademia del Seicento o del Settecento. Però è vero che chi pone un quesito alla Crusca non si aspetta solo un’analisi: vorrebbe un parere risolutivo. A chi chiede “è ammesso gli per lei?” non possiamo limitarci a rispondere “ormai gli esiste”. Si può invece spiegare che “dargli” è preferibile se riferito a un uomo, “darle” se si tratta di una donna, e comunque non si condanna a morte nessuno. Il linguista può comportarsi come un notaio. Oppure può prendere posizione e, come diceva Gianfranco Contini, saltare il fossato».
Cosa non va nei cosiddetti licei Cambridge (che inseriscono nel loro corso di studi alcuni insegnamenti dei programmi della scuola britannica)? Perché nel suo libro è così critico?
« Trovo pazzesco che, prima, non ci sia stata una riflessione. So di insegnanti che scoprono da un giorno all’altro di dovere tenere le lezioni in inglese… Soprattutto stiamo adottando in silenzio libri di altri Paesi, con programmi completamente diversi. I siti internet dei licei ora espongono questo marchio attira- polli. Per me è l’ultimo, pestifero atto di trasformazione della scuola in un sistema di autonomie concorrenti che si danno battaglia su questioni secondarie».
Dica la verità, non ha mai la sensazione di vuotare il mare con un cucchiaio?
«Intende dire “lavare la testa dell’asino con il sapone”? Anche ammesso che si riveli una battaglia inutile, certo non è una battaglia sconsiderata. Non mi oppongo all’uso di mouse o di wi- fi;
metto alla berlina l’inglese superfluo, che adottiamo per ragioni di sudditanza psicologica».
Nonostante la dittatura, gli editori mandano in libreria un saggio sull’italiano dopo l’altro, incluso il suo, “ L’Italiano è meraviglioso” (Rizzoli). Curioso, no?
«Forse è proprio il risultato di un certo fastidio per l’ingerenza dell’inglese. E poiché è la lingua delle burocrazie di Bruxelles, non mi stupirei se, sottilmente, si stessero facendo sentire resistenze che hanno a che fare con la politica. Ma decifrare i cambiamenti di qualcosa in movimento è difficile. Scopriremo se è vero solo fra molto tempo».
Si è spesso scontrato con il ministero dell’Istruzione. Ne è valsa la pena?
« Ormai ci avevo preso gusto. La punta più alta è stata toccata con l’ultimo documento del Miur, quello scritto in stile confindustriale per promuovere l’imprenditorialità nelle superiori. Era zeppo di team building e pitch day, con insegnanti trasformati in cacciatori di teste. Un’offesa al buonsenso e ai programmi basati sull’inclusione. Da parte di una ministra, poi, che ha lavorato nel sindacato».
Acqua passata ormai. Come le sembra il nuovo ministro?
«Presto per dirlo. Però resto in carica alla Crusca fino al 2020. Se dovremo litigare, non ci mancherà il tempo».