la Repubblica, 24 giugno 2018
Così Napoli scoprì la grande bellezza
Chi sono coloro che vengono a sedersi, una sera, in una sala di teatro? Chi sono coloro che parlano e si muovono sulla scena?
E chi è colui che ha scritto un’opera drammatica? Se mi guardo a fondo non ho fatto altro che cercare di sapere e (…) solo questa curiosità mi resta. La scoperta non l’ho fatta. Continua la ricerca (Louis Jouvet) Napoli è stata storicamente una capitale internazionale dell’arte scenica, con grande fioritura e varietà di autori, interpreti e pubblico, altrettanto storicamente accompagnata da naturali competizioni e rivalità, insieme però a una vivissima curiosità, che ha contribuito ad aumentarne la ricchezza del patrimonio culturale, mescolando esperienze inedite e personalità diverse. Così è accaduto anche per noi nel 1987, con l’incontro fra le tre compagnie che diedero vita a Teatri Uniti: Falso Movimento, il Teatro dei Mutamenti e il Teatro Studio di Caserta, spinte con forza da uno sguardo curioso a sentire la necessità di unirsi. È interessante notare che in quel passaggio storico all’insegna del meticciato culturale, contemporaneamente al maturare delle nostre sensibilità giovanili presso la galleria di Lucio Amelio in Piazza dei Martiri, dove Teatri Uniti avrebbe presto trovato la sua prima storica sede, stava sorgendo una nuova drammaturgia napoletana, che gettava nel futuro importanti semi poi sviluppatisi fino ad arrivare ai nostri giorni a Mimmo Borrelli.Capimmo allora che essere uniti non è solo una forma artistica e culturale ma anche un’identità produttiva di segno forte e riconoscibile, da cui è nato un polo aggregativo e formativo che ancora genera un vortice di interesse e di confronti in Italia e all’estero. Tenendo ben presente il patrimonio fondamentale della civiltà teatrale napoletana, ma evitandone le insidie autoreferenziali e manieriste, si svilupparono le tre linee programmatiche indicate nel documento di fondazione di Teatri Uniti a firma di Mario Martone, a partire dal suo lavoro sulla tragedia greca iniziato con Filottete, Le Troiane di Thierry Salmon e proseguito fino alla straordinaria esperienza fra scena e schermo de I sette contro Tebe/Teatro di Guerra.Poi la pratica laboratoriale perseguita con coerenza dal compianto Antonio Neiwiller che, anche insieme a un grande musicista come Steve Lacy, poneva a modello espressivo figure di artisti e poeti quali Joseph Beuys, Fernando Pessoa e Pier Paolo Pasolini. E il mio personale percorso, che dalla nuova drammaturgia napoletana mi ha portato, dapprima insieme a Leo de Berardinis, all’incontro con Eduardo De Filippo e poi con Raffaele Viviani e, grazie a Cesare Garboli, a un benefico passaggio nel teatro francese tra Sei e Settecento per scoprire quanto c’è di Molière e di Goldoni in Eduardo.Ma la nostra arte di riferimento generazionale era il cinema e quasi subito, per impulso di Mario Martone, nacque l’esperienza artistica e produttiva del primo film di Teatri Uniti. Nell’estate del 1991, appena dopo il clamoroso debutto al Teatro Valle di Rasoi di Enzo Moscato, lo spettacolo manifesto del nostro lavoro negli anni Novanta, iniziarono infatti le riprese di Morte di un matematico napoletano, esordio cinematografico per Mario e per quasi tutti noi, con Carlo Cecchi e la collaborazione alla sceneggiatura di Fabrizia Ramondino. Il successo di quel film e poi de L’amore molesto, con Anna Bonaiuto, tratto dal primo romanzo di Elena Ferrante, ci diedero la consapevolezza che: “Se ci si crede, si può fare”.E intanto arrivavano a Piazza dei Martiri alcuni giovani di talento attratti dal cinema, come Nicola Giuliano e Paolo Sorrentino. All’interno di Teatri Uniti sono nati i loro primi film e altri lavori potenti e visionari, quali Grido di Pippo Delbono, Quijote di Mimmo Paladino, Gorbaciòf di Stefano Incerti. Insieme a Paolo ho fatto cinque film e filmato Eduardo per la Rai, con Sabato, domenica e lunedì e Le voci di dentro e coltiviamo progetti futuri.L’energia centripeta che ci ha uniti sostenendo, fra gli altri, i percorsi artistici autonomi di Licia Maglietta e Andrea Renzi, interpreti fra scena e schermo e di Lino Fiorito, Pasquale Mari e Daghi Rondanini fra immagini e suono, attira ancora vorticosamente nuovi fermenti creativi e Teatri Uniti continua a porsi in relazione con autori, interpreti, musicisti e artisti della visione delle più diverse generazioni. Da più di quindici anni cresce inoltre il prezioso rapporto di collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, nato dalla curiosità artistica di Luca Ronconi, con l’iniziale incoraggiamento di una milanese napoletana come Rosanna Purchia e fortificato dalla condivisione del senso profondo del teatro con Sergio Escobar, da cui sono nati i più recenti lavori con fortunate tournée internazionali.Come un impasto di lievito madre la spinta delle origini continua a fermentare e a nutrire la prospettiva fondante di una dimensione indipendente e non istituzionalizzata, lontana dalle forme consolatorie della napoletanità, rivendicando con orgoglio una natura scarrozzante che ci porta da Napoli nel mondo.