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Ogni suo libro è un evento pop, un’attesa compensata, una pioggia di traduzioni, un rilancio in versione cinematografica con esiti di film quali Le parole che non ti ho detto, Le pagine della nostra vita, Come un uragano e molto altro. Lo scrittore statunitense Nicholas Sparks (1965) è il trionfale sovrano della letteratura in rosa e un fenomeno troneggiante in cima alle classifiche. Autore di una ventina di bestseller capaci di vendere centocinque milioni di copie in cinquanta Paesi, di cui oltre cinque milioni in Italia, Nicholas crede in Dio, nella famiglia e nell’amore. Plotoni di fedeli ammiratori venerano quest’imbattibile re del romance per la sua abilità nel dipanare intrecci di sentimenti, nel dipingere i palpiti d’individui innamorati cotti e nel fantasticare le sorti di coppie che s’incontrano, ardono di passione, si lasciano per terrificanti guasti esterni e si ritrovano dopo una miriade di grane. Il 26 giugno esce il suo nuovo romanzo, Ogni respiro, proposto in anteprima mondiale in Italia da Sperling & Kupfer (negli Usa sarà disponibile in ottobre), e gli abituali canoni di Sparks ci sono tutti: un uomo, una donna, un’intesa fulminante e un’insopportabile quantità di ostacoli pronta a dividerli. Lui, Tru, ha grossi misteri da sbrogliare nel proprio passato remoto; lei, Hope, è fidanzata con un altro e costretta a sposarlo. Sarà doloroso al massimo il distacco: torneranno insieme? La scrittura è piana, le frasi sono brevi e i periodi mai troppo articolati. Scorre come un’onda soft la prosa di Sparks, il quale non è una vaporosa Liala, bensì un cordiale giovanotto con mani grandi come spatole e fisico massiccio.
Mister Sparks: sembra che il rapporto fra Tru e Hope, protagonisti di “Ogni respiro”, sia stampato nelle stelle. Gli incontri significativi avvengono a prescindere dalle nostre intenzioni?
« Cerco d’includere il fattore- destino nelle storie, immaginandolo come una forza che sospinge i personaggi. Ma noi possiamo riconoscere l’esistenza del fato solo retrospettivamente. Non sappiamo cosa sia il destino nel momento in cui le cose accadono: ne cogliamo la portata dopo il verificarsi di fatti importanti e duraturi ».
«Ragione e sentimento sono in lotta. In Ogni respiro le emozioni sono legate alle azioni e al contempo si scontrano. Il nesso fra Tru e Hope è innegabile, ma entrambi sono costretti a scegliere tra obblighi familiari e felicità. Un conflitto che è alla base della narrazione».
Lei scrive spesso di affetti genitoriali, e anche qui spicca il legame fra Tru e il figlio Andrew. È la sua esperienza personale di padre di cinque figli a motivarla?
«Sì. Per fortuna sono stato molto coinvolto nella vita dei miei ragazzi: facendo lo scrittore ho lavorato a casa e li ho visti crescere. La relazione padri-figli è un campo inesauribile per due ragioni: non è un ambito che prevede un unico tipo di rapporto e manca una serie di regole oggettive per stabilire cos’è un buon padre ».
Tutti i suoi romanzi si svolgono in North Carolina. Perché ama questo sfondo?
«Perché è un paesaggio stupendo e un territorio pieno di quelle piccole città che sono la perfetta cornice di una storia d’amore: luoghi dove il tempo rallenta. Ciò suscita nei lettori un senso di nostalgia e permette di sognare un ritmo che fa fuggire dalle corse della quotidianità».
Però stavolta c’è un’evasione: la prima parte di “Ogni respiro” è ambientata nello Zimbabwe, dove Tru è nato.
«In Africa, dove sono stato più volte, è straordinaria la magia naturale dei posti, e questa bellezza mi ha aiutato a inventare il carattere di Tru e a immetterlo nella sua dimensione lavorativa di guida dei safari».
Dai suoi libri sono nati film popolari. Quando costruisce una storia la pensa già in riferimento a una sceneggiatura?
«Nel momento in cui comincio a scrivere sono preso dal libro e basta. Ma siccome so che ogni vicenda potrebbe trasformarsi in un racconto cinematografico, mi capita d’immaginare un plot funzionante pure in quel senso».
Quando e come ha cominciato a scrivere?
«Molto presto, però la carriera vera e propria è iniziata con Le pagine della nostra vita, scritto a ventotto anni. Sono stato sempre un lettore insaziabile e la mia attrazione per questo mestiere deriva dall’enorme quantità di fiction che ho assorbito. Ho conquistato una certa bravura nel narrare con un’unica strategia: leggere di tutto».
In questo tutto quali letture l’hanno condizionata maggiormente?
«L’opera che più mi ha segnato è The Stand di Stephen King (in italiano L’ombra dello scorpione, un horror post-apocalittico del 1978,
ndr).
Ancora oggi King è uno scrittore potente nell’influenzarmi. The Stand mi rivelò il punto estremo cui può arrivare l’efficacia di un libro».
Riesce a tenere un dialogo col suo foltissimo pubblico?
«Io e i miei lettori siamo connessi. Le trame mi vengono in mente perché so cosa si aspettano da me. Il mio intento è guidarli lungo un ampio spettro di emozioni. Inserisco elementi riconoscibili e familiari e quest’impostazione dà un’unità alla mia produzione nonostante la sua eterogeneità. Un lettore toccato da un mio libro sa che nel successivo farà un viaggio emotivamente analogo. È un appuntamento ».
A quali lettori si rivolge? Uomini o donne? Giovani o anziani?
«Chi mi legge appartiene a diverse generazioni e fasce. Parlo a chiunque cerchi un libro ricco di personaggi alti e bassi e riempito da una bella storia d’amore ».
Esiste una ricetta per confezionare un bestseller?
«No. Ci sono vari elementi che contribuiscono al risultato, e non tutti i successi derivano dalle stesse cause. A me piace offrire ai lettori ciò che si aspettano: il North Carolina, l’amore al centro dell’azione e un viaggio dentro le emozioni».
Ci sarà pur qualcosa da consigliare a chi vuol divenire un autore di massimo appeal.
« Leggere, leggere, leggere. Ogni libro può modellarci come autori. Inoltre, benché scrivere sia un’arte, bisogna aver chiara una realtà: pubblicare è un business ed è utile osservare gli ingranaggi dell’editoria».
Come nasce un libro? Da un’immagine? Da una frase? Da un’esperienza?
«L’idea giunge da qualcosa di letto o vissuto, oppure di visto o sentito. Decido quale sia il conflitto da sviscerare tramite quell’idea e affronto il mio itinerario».
È il romanticismo la chiave vincente? I suoi libri sono appassionatamente romantici.
«È vero che ci sono storie d’amore nei miei romanzi, ma non li definirei romantici. Il mio scopo non è proporre una fantasia romantica, ma introdurre il lettore in una vasta gamma di emozioni. Nei miei libri ci sono il pericolo, la morte, la ma-lattia, scene da thriller, il rapporto con la fede…».
Sul tema dell’amore l’hanno ispirata autrici donne?
«Ma d’amore hanno scritto pure gli uomini! È vero che ho tratto ispirazione da alcune autrici, però mi hanno stimolato a creare personaggi e situazioni soprattutto le donne forti ed emotivamente complesse cui devo la mia formazione».
Crede che ci siano una letteratura alta e una bassa?
« No. Ci sono grandi libri, e ciascuno è composto da una grande voce, una grande storia e dei grandi personaggi. Sono questi gli aspetti su cui si fonda la mia opinione riguardo a un libro e non m’interessa se il libro in questione sia considerato un prodotto letterario o commerciale».