La Stampa, 23 giugno 2018
La crisi delle vocazioni fa chiudere il convento del Beato Angelico, di Savonarola e La Pira
Firenze perde un altro pezzo della sua identità: l’antico convento domenicano di San Marco, nel centro storico, è davvero pronto a chiudere i battenti.
Dopo sei secoli di storia, le stanze che videro passare Beato Angelico e Girolamo Savonarola (e più recentemente un suo storico sindaco, Giorgio La Pira)resteranno vuote: gli ultimi sei frati rimasti all’interno della struttura, dal prossimo settembre saranno costretti a trasferirsi, spostandosi negli altri due conventi dell’ordine presenti in città, Fiesole e Santa Maria Novella. Rimarranno aperte solo la parte del museo statale e la chiesa, e anche per la biblioteca è allo studio una soluzione, ma la comunità dei religiosi non ci sarà più. E senza frati, fanno notare con rammarico gli estensori della petizione online lanciata per evitare la drastica decisione, «un convento non è più tale».
L’agonia
Quella del convento, voluto da Cosimo dei Medici agli albori del Rinascimento, è stata una lunga agonia. L’annuncio della chiusura da parte del Capitolo provinciale dei Frati Domenicani dell’Italia risale ad alcuni anni fa, ed è stata accolta con sgomento e incredulità. Con il passare del tempo, è stato sempre più chiaro che il destino di San Marco era segnato. Ma fino all’ultimo la città ha sperato in un ripensamento. Gli appelli, anche illustri, si sono moltiplicati e la raccolta di firme, che ha raccolto adesioni da tutto il mondo, ha raggiunto quota diciottomila.
Anche il cardinale e arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori è intervenuto chiedendo un ripensamento, ma non è servito: il generale dell’ordine Bruno Cadorè ha firmato il decreto di soppressione. Sui motivi che hanno determinato questa scelta, sicuramente sofferta e dolorosa, non si sa molto. Si parla genericamente di riorganizzazione, ma sicuramente la crisi delle vocazioni che interessa tutto il mondo religioso e la necessità di razionalizzare la gestione del patrimonio dell’ordine – che in città ha altre due strutture altrettanto cariche di storia e significato – hanno avuto un peso non certo trascurabile. «Si prende atto che nella città di Firenze non è possibile mantenere le attuali presenze di Santa Maria Novella e di San Marco» si legge negli Atti del Capitolo in cui si affronta la spinosa questione.Nel documento si prospetta che i frati appartenenti a una sola comunità, quella di Santa Maria Novella, si occupino di entrambe. Di fatto, per quanto edulcorata nella forme, si tratta nella sostanza di una vera e propria annessione.
L’ultima speranza
Ora l’unica autorità in grado di impedire la chiusura è quella del Pontefice: l’ordine dei domenicani è infatti indipendente dalla Curia e dalla Diocesi. E il Papa è l’unico che può compiere davvero il miracolo. I fiorentini sono pronti a una mobilitazione che va aldilà del loro credo religioso. Gli studiosi temono che la scomparsa dei frati, o la loro presenza “a mezzo servizio”, possa rendere meno fruibile la ricchissima biblioteca, preziosa fonte di volumi altrove introvabili. I credenti sono dispiaciuti al pensiero che non avranno più vicino a casa un punto di riferimento con interlocutori di alto livello.
Anche i laici sono consapevoli che con la chiusura di San Marco la città perde un tassello importante della sua identità. Nel corso dei secoli, infatti il convento ha rappresentato una fucina di idee per l’Umanesimo, un vero e proprio punto di incontro tra arte, fede e storia. Nel secolo scorso l’antico convento ha dato anche ospitalità al sindaco santo Giorgio la Pira, terziario domenicano e francescano, appartenente all’istituto secolare dei Missionari della regalità di Cristo. E negli ultimi anni, nessuno, quando ha bussato, ha trovato la porta chiusa.