la Repubblica, 22 giugno 2018
Il ritorno di Mr. Bloomberg, i suoi milioni contro Trump
We the people. «Noi, il popolo non possiamo permetterci di eleggere un Congresso privo di coraggio e indipendenza. Per questo sosterrò quei candidati democratici che s’impegnano ad avere entrambi». Michael R. Bloomberg cita addirittura il preambolo della Costituzione americana per spiegare perché ha deciso di investire 80 milioni della sua fortuna personale nelle prossime elezioni di MidTerm. Noi il popolo, dunque: perché ci vorrà davvero una mobilitazione popolare per permettere ai democratici americani di riconquistare almeno un ramo del Congresso, la Camera, nel voto di novembre.
E pazienza se puntare 80 milioni di dollari su un solo partito è una scelta decisamente inusuale per un politico atipico come Bloomberg. Il settantaseienne miliardario per tre volte sindaco di New York – due volte eletto come repubblicano e una come indipendente -, con una fortuna stimata 52,9 miliardi di dollari e undicesimo uomo più ricco d’America (un filo dietro quei fratelli Charles e David Koch grandi donatori del partito repubblicano), ha spiegato le ragioni della sua scelta in una lettera. Pubblicata, manco a dirlo, sul sito del colosso dell’informazione finanziaria da lui fondato e che porta il suo nome: «I partiti non mi sono mai piaciuti. Negli anni ho sostenuto candidati di entrambe gli schieramenti disposti a rompere con le partigianerie in nome di interessi speciali e ricerca di soluzioni in comune». Ma la politica repubblicana degli ultimi due anni lo ha deluso: «Hanno avuto tutto il tempo di lavorare. Hanno fallito». Per questo, spiega, «sosterrò candidati dei due schieramenti in corsa per i seggi di governatore. Ma al Congresso sosterrò solo candidati democratici». Una vera novità per il filantropo che da sempre finanzia le campagne altrui sostenendo gli uomini che più gli piacciono senza badare appunto alla casacca, ma soltanto ai programmi. Perché alle appartenenze, si sa, Bloomberg non ha mai creduto: a lungo registrato come democratico, nel 2001 vinse le municipali di New York presentandosi con i repubblicani. Salvo poi entrare in conflitto anche con quelli e presentarsi al terzo mandato come indipendente. Che forse è la definizione che meglio lo rappresenta: visto che su temi come controllo delle armi – è il fondatore dell’organizzazione anti armi Everytown for Gun Safety – ambiente, immigrazione e matrimoni gay il suo cuore batte decisamente a sinistra. Ma su temi economici è più in linea con la destra.
I milioni di Bloomberg peseranno dunque sulle sorti della campagna di MidTerm. Dove, fino ad ora, almeno quanto a flusso di denaro i repubblicani erano favoriti. Quei soldi serviranno a pagare staff e analisti e a comprare spazi pubblicitari televisivi e online in una ventina di distretti a rischio, dove punterà su candidati moderati: con l’obiettivo ben preciso di ottenere i 23 seggi che servono ai democratici per aggiudicarsi la maggioranza alla Camera. Bloomberg d’altronde non ha mai celato l’antipatia per il modo di fare politica di Donald Trump: antitetico al suo. Già nel 2016, dopo che per qualche tempo si erano rincorse voci su una sua possibile candidatura alle presidenziali (sconsigliata però dai sondaggi) si era spinto a sostenere Hillary Clinton con un discorso alla convention democratica di Filadelfia dove aveva attaccato Trump, definendolo «pericoloso demagogo». Per poi affondare: «Anche io ho costruito un impero. E senza bisogno dei soldi di papà». Oggi qualcuno pensa che Mister Bloomberg stia nuovamente pensando alla Casa Bianca: tanto più che, secondo il New York Times, ne avrebbe recentemente parlato ad alcuni collaboratori, dicendo che se mai dovesse correre nel 2020 lo farebbe come Democratico. Ma all’epoca avrà già compiuto 78 anni. Troppo tardi per candidarsi contro Trump, che ne avrà 74? Forse la sfida è davvero solo cominciata. La parola al popolo americano: “They, the people”.