1. PREFAZIONE DI GIAMPIERO MUGHINI AL LIBRO DI BARBARA COSTA, 21 giugno 2018
1. MUGHINI PRESENTA IL LIBRO DI BARBARA COSTA, ’’PORNAGE’’: ’’UN ELOGIO DEI SENTIERI DELLA FANTASIA SESSUALE, CHE PIÙ TORTUOSI SONO E MEGLIO È. E DEL RESTO NON C’È MIA AMICA ALLA QUALE ABBIA CHIESTO SE SI ECCITA AL PENSIERO CHE PIÙ UOMINI LA STIANO POSSEDENDO CONTEMPORANEAMENTE E CHE ABBIA RISPOSTO DI NO. A PROPOSITO DI SPETTACOLI PORNO, RICORDO UNA GIOVANE E INTELLIGENTE BRUNETTA ROMANA CHE ERA VENUTA A CASA MIA E…’’ 2. ESTRATTO DAL LIBRO: FETISH È BELLO! ’’C’È CHI HA RAPPORTI SESSUALI CON LA PROPRIA AUTO, GLI STIGIOFILI CHE GODONO IMMAGINANDOSI DI TROVARSI ALL’INFERNO, CHI HA ORGASMI SOLO CADENDO DALLE SCALE, CHI FA SESSO SOLO SE COMPLETAMENTE VESTITO, I FETICISTI DELLE GIGANTESSE, CHE SONO UN MILIONE IN TUTTO IL MONDO. E POI SPECTROFILIA, EXOFILIA…
Da Pornage - Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo, di Barbara Costa, edizioni Il Saggiatore Sono così felice che Barbara abbia finalmente scritto questo libro, talmente leale, talmente informato, talmente sacrosanto quanto ai criteri di libertà e creatività sessuale da cui è modellato. E del resto, da quando la conosco sempre ho apprezzato la facilità con cui lei scorrazza lungo le strade in salita e in discesa dell’universo porno. Facciamo parte entrambi degli 80 milioni di esseri umani che ogni giorno smanettano su Pornhub.
Talvolta ero io che le indicavo una star di cui fossero ragguardevoli i languori. Talaltra era lei. Bisessuale com’è, né più né meno di un’altra mia amica e scrittrice notissima, il ventaglio delle sue fantasie è a 360 gradi. Bellissimo quel suo riferimento allo scrittore cubano Reinaldo Arenas, uno che nei suoi libri ci mette il massimo di spudoratezze omosex pur di dare un calcio in volto al perbenismo ipocrita del regime castrista.
E con tutto questo, nell’andare avanti a leggere il suo libro, ho scoperto qualcosa di me che non mi ero mai detto sino in fondo. Ci arrivo piano piano. Passo per uno che dà un giudizio positivo della pornografia. Certo che sì. Se uno non è un fior di ipocrita, a vedere una bella ragazza che dà in smanie da quanto un uomo la sta lavorando dalla testa ai piedi, deve ammettere che trova lo spettacolo eccitante, che vorrebbe essere eccome al posto di James Deen o dell’immortale Gabriel Pontello, il più smagliante professore di matematica nella storia dell’umanità. Quando poco più che trentenne compravo all’edicola il suo “Supersex”, lo avvolgevo dentro le copie di “Rinascita” o del “Corriere della Sera” o dell’ “Espresso” perché temevo di incontrare il mio amico Paolo Spriano (lo storico per antonomasia del Pci) che lavorava all’Istituto Gramsci lì dietro l’angolo.
Così come ero poco più che ventenne quando arrivavo all’edicola catanese di Piazza Duomo e l’edicolante tirava fuori la copia di “Playboy” che gli portava un pilota dell’Alitalia che volava frequentemente sino a Stoccolma. Sono stato il primo giornalista italiano a dedicare a Riccardo Schicchi il ritratto che meritava, quello di un intellettuale che esplorava continenti inediti dello stare al mondo, quelli dove risiedono il desiderio e l’eccitabilità. Nel mio Dizionario sentimentale del 1992 c’è un capitolo che fa l’apologia della “fellatio”, un capitolo che molti miei amici apprezzarono ma che nessuno di loro avrebbe scritto.
Quanto al mio percorso di bibliofilo, quelli di cui Daniel Pennac scrive che darebbero la vita “per un libro”, raramente sono stato felice come quando trovai la prima edizione di Lolita, il capolavoro di Vladimir Nabokov che era stato rifiutato da tutti gli editori cui lo scrittore russo l’aveva proposto e finché non glielo pubblicò un editore parigino che di solito pubblicava libri pornografici. A una trasmissione del “Maurizio-Costanzo show” nella quale c’ero anch’io, ascoltai Alessandra Mussolini che additata con spregio Lolita quale “un romanzo pornografico”. Quando uscimmo dallo studio la raggiunsi, la guardai negli occhi e le dissi: “Ma com’è che da un nonno così intelligente, è venuta fuori una come te?”.
Ecco, qual è il confine tra erotismo e pornografia? Quegli editori che dicevano no reputavano pornografia il romanzo di Nabokov, roba indegna di essere messa in vetrina. Così come pornografia erano reputati i disegni di Egon Schiele che un magistrato tedesco lacerò in un’aula di tribunale. E non parliamo dei libri del Marchese de Sade e persino quelli di Henry Miller, la cui traduzione in italiano Giangiacomo Feltrinelli la fece stampare fuori dall’Italia perché temeva che gliela sequestrassero direttamente in tipografia.
E quanto a un libro cruciale della poesia moderna, Howl di Allen Ginsberg (1956), un cui esemplare della prima edizione è in questo momento nelle mie mani, per averlo pubblicato andarono in una galera americana tanto l’editore (Lawrence Ferlinghetti) quanto il commesso della libreria in cui era in vendita.
L’ho fatta lunga. Capita agli old men che rammemorano i loro anni passati. Nel caso mio anni dominati dalla sessuofobia, e dunque dal nostro sforzo di valicarne i cancelli, di tagliare il filo spinato da cui erano circondati il nostro corpo e la nostra fantasia. Per quanto mi riguarda, sapevo a stento che farne del corpo della ragazza bionda in minigonna che veniva a farmi visita nella mia stanzetta da studente. Non sapevamo nulla. Il timor panico della sessualità ci attanagliava.
Per decenni e decenni i preti di tutte le religioni (ivi compresa di quella comunista, una religione come tutte le altre) ce lo avevano ripetuto all’infinito che quei corpi femminili erano la dannazione stessa, che andavano ispezionati il meno possibile, che non era questo il punto tra un maschio e una femmina. Come, non era questo il punto? Dovevo recuperare, dovevo vendicare le tenebre da cui i preti del liceo catanese dove avevo studiato volevano ammorbare la nostra giovinezza. E’ quello che devo aver pensato, inconsciamente, quando cinquantenne proposi al mio direttore a “Panorama”, Nini Briglia, di scrivere un elogio della masturbazione.
Quello che fa Barbara nel suo libro. Un elogio dei sentieri della fantasia sessuale, che più tortuosi sono e meglio è. E del resto non c’è mia amica alla quale abbia chiesto se si eccita al pensiero che più uomini la stiano possedendo contemporaneamente e che abbia risposto di no. Nessuna. E quanto all’eccitazione da spettacolo porno, ricordo una giovane e intelligente brunetta romana che era venuta a casa mia e alla quale avevo vantato le delizie della mitica protagonista del porno delle origini, Traci Lords. Mi disse di sì, che voleva vederne le gesta.
Misi una cassetta che durava poco più di venti minuti, e dove tutto dell’agire di Traci era semplice ed essenziale. Un ragazzo che le piaceva e che la attendeva, nudo su un divano. Lei che si accosta, si inginocchia, dapprima esita per poi cominciare il suo lavoro con la bocca e farlo durare il giusto. La mia amica guardò il video in silenzio, leggermente contratta. Mi disse poi che aveva goduto quattro volte. Eccetera eccetera. Era il 1988 o giù di lì.
Sono passati trent’anni. La brunetta avrà oggi più o meno cinquant’anni. Quelle che hanno adesso l’età che lei aveva nel 1988 vivono tutt’altro mondo, tutt’altra condizione della fantasia, tutt’altre possibilità di giocare con ciò che è sessualmente acre e illegale. Basta leggere il libro di Barbara. Porno ce n’è per tutti i gusti, siti di incontri, topografie online in cui mi ci perdo, la saga della vanità femminile esibita su Instagram, il sesso che è divenuto la carta in cui si incartano tutte le altre merci. Altro che un video di 20 minuti con Traci Lords.
Mi ci perdo davvero in tutto questo mondo del proibito o dell’apparentemente proibito, ma non li invidio affatto i ventenni e i trentenni di oggi. Tutto è talmente a portata di mano, i capricci della fantasia sono divenuti talmente cheap. Non mi ci raccapezzo, e non è soltanto una questione di età. E’ che sono e sono sempre stato troppo pigro per passare all’azione, più precisamente a quel tipo di azione.
Non so se pigro è il termine giusto. Ho appena visto la strepitosa performance cinematografica dell’immenso attore inglese Daniel Day-Lewis ne Il filo nascosto. Purtroppo io gli somiglio, voglio dire come personaggio. Anche a me una parola detta non al momento giusto, o lo strofinio di una posata sul piatto di ceramica, o il modo in cui una donna porta alle sue labbra una bevanda, possono bloccare la fantasia, impedire la comunicazione, uccidere il desiderio. Con una donna possono esserci confrontations (il termine usato da Daniel Day-Lewis) che non ne valgono la pena e che solo ti tolgono il respiro.
Convocare una escort magari molto bella, ma certo, e se poi lei si mette ad argomentare alla maniera di certe donne quali ne ascolto sovente in tv mentre pronunciano una banalità femminista dopo l’altra? O se non sa distinguere un vino rosso da un altro? O se pronunci un nome a te e caro e glielo leggi in volto che lei nulla sa di quel nome? Come fa a nascere l’eccitazione e il desiderio in un contesto siffatto?
Ripeto, non è la mia età a farmi ragionare così. Quando ero attorno ai quarant’anni ho vissuto a lungo da single. Molto a lungo. Mai una volta ho pensato di convocare una fanciulla a pagamento. So che mi avrebbe deluso, ne ero sicuro. (Da ragazzo un mio amico mi raccontò di una da cui era andato a pagamento e che per tutta la durata della prestazione del mio amico continuò a sbocconcellare delle ciliege.) Club liberoscambisti e tutto? Sono d’accordissimo. Se dipendesse dalla mia fantasia ci passerei delle ore. Ma siccome dipende da molte altre cose, non ci ho mai pensato concretamente neppure un minuto. C
hattare online a scovare qualche birichina? Con tutte le seccature che incombono sulla mia giornata, non ne ho davvero il tempo. Ecco perché mi piace la pornografia. Perché è pura fantasia, pura utopia. Non ci sono strofinii di posate sul piatto, non ci sono parole dette nel momento sbagliato, non ci sono umori negativi com’è di tanti momenti della nostra vita reale, non c’è da perdere tempo nell’andare e tornare attraverso il traffico convulso di una città come Roma. Un’utopia assoluta, un paradiso dove i corpi sono lievi e fanno le mosse giuste. Dove le dee si chiamano Tori Black o Envy.
GIAMPIERO MUGHINI
FETISH È BELLO Da Pornage - Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo, di Barbara Costa, edizioni Il Saggiatore
Jesse Bering continua nella sua battaglia per far sì che ogni feticismo abbia la legittimazione che merita. Lotta con le parole, con i suoi libri, affinché vi siano sempre meno emarginati erotici costretti a vivere male una sessualità che, citando proprio le parole di Bering, è anormale solo per una questione di numeri, di parametri statistici: normale e deviante sono nient’altro che termini evolutivi, il cui significato si modifica col modificarsi della nostra mentalità e del nostro comportamento, i quali segnano il progresso della società in cui viviamo.
Bering parla con cognizione di causa: lui è nato nel 1975 ed è vissuto tra il New Jersey e Washington D.C, due stati non certo conservatori. Lui è un omosessuale a cui è capitato di crescere e combattere contro i pregiudizi della sua stessa famiglia, convinta che l’AIDS fosse il giusto stratagemma divino per liberare il mondo dai gay. Nei libri di Jesse Bering si scoprono feticismi come il furry sex, l’eccitarsi davanti a un peluche, la stigiofilia, provare piacere sessuale immaginandosi di trovarsi all’inferno, la climacofilia, i feticisti che hanno orgasmi cadendo dalle scale. Bering è sicuro che anche parafilie così inusuali un giorno non saranno più guardate con diffidenza e giudicate di conseguenza. Tutto dipenderà dalla nostra capacità di capire, e di evolverci.
Tuttavia i feticismi racchiusi in bozzoli di vergogna, incomprensione e condanna sociale sono ancora tantissimi: è sempre il web a farli venire alla luce, e dottori ed esperti del settore sono a suo traino, venendo consultati quando qualche inchiesta giornalistica provoca dibattito, domande, dubbi.
Come nel caso di Darius Monty, un inglese che rifiuta ogni cura medica ed ha rivelato al Sun di essere innamorato della sua automobile, una Jaguar, con cui dice di fare regolarmente sesso: «La prima volta che ho avuto un rapporto sessuale con la mia auto», racconta Darius, «mi è piaciuto di più di quando lo facevo con la mia ragazza. Non mi aspetto che la gente capisca, perché non capisco bene cosa accada nemmeno a me. Non è una condizione che ho scelto, ma non riesco ad oppormi».
Con Darius il mondo è venuto a conoscenza della meccanofilia, il feticismo delle persone attratte sessualmente dalle automobili, e in rete impazza il video di un cinese che in un parcheggio si è denudato e si è “scopato” un motorino. Il web dà spazio e voce anche a un’altra categoria molto particolare, quella dei feticisti delle tute da ginnastica, omosessuali chiamati scally in Inghilterra e kiffeur in Francia, un esercito di persone sessualmente eccitate dal vestiario sportivo.
Comunità attive da decenni e venute allo scoperto sul web, persone che fanno l’amore vestite, che senza pantaloni della tuta e scarpe da tennis si sentono a disagio, “nudi”, e non riescono ad avere stimoli sessuali. «Quando faccio sesso resto completamente vestito», rivela lo scally Phil, «e se quello che sta con me si spoglia, mi “scende” tutto».
Mancanza di erezione e di eccitazione sessuale anche per lo scally Niall, attratto solo da uomini con indosso tute Adidas e scarpe Nike: «Io “vengo” sui vestiti sia quando mi masturbo, sia quando faccio sesso con qualcuno, sulla sua tuta o sulla mia». Nel mondo dei feticisti delle tute da ginnastica, la pratica di leccare scarpe e calzini è molto diffusa, come è diffuso il gioco del trampling, stendersi sul pavimento e fare da tappeto umano. Comunità gay scally sono attive in Francia, Italia, Germania, Olanda: alla festa scally che si tiene ogni anno ad Amsterdam partecipano circa 500 persone.
Tonje è invece una 30enne che dal 2010 colleziona preservativi usati: non si capisce bene quale sia la sua parafilia, forse un intreccio tra quelle verso il latex, verso lo sporco (mysofilia), e determinati odori (olfattofilia). Infatti Tonje non è attratta solo dal preservativo usato, ma dall’odore che sperma e pene vi hanno impregnato. Ne possiede quasi 2000, appesi tutti nella sua camera da letto: alcuni le sono stati regalati, altri li ha comprati sul web, altri ancora sono frutto di sue fugaci avventure sessuali.
Sempre su internet, si trovano blog su cui avere informazioni e scambio di esperienze tra ANR, acronimo di Adult Nursing Relationship, e che indica i feticisti a cui piace succhiare, e far succhiare, latte materno dai seni. La lactofilia è tra i feticismi sessuali più oscuri e condannati perché erroneamente associato all’incesto. Invece non c’è nessun incesto, non solo perché tra i due praticanti non c’è alcun legame familiare, ma perché l’uomo che succhia e la donna che allatta non si immedesimano, nell’atto, come una madre e un bambino, ma come due amanti che fanno sesso in questo modo.
Nella lattazione erotica sia l’uomo che la donna provano piacere sessuale: l’uomo è un mazofilo e un lattofilo, due termini che spiegano la sua passione per i seni e nel vedere una donna che allatta. La donna lactofila, invece, si strugge dal desiderio di accudire il proprio amante attaccandoselo al seno, di fornirgli un pasto, di sfamarlo sessualmente con il suo latte, che è sempre presente nelle sue mammelle per mezzo di apposite cure ormonali.
Ci sono donne che via web vendono il loro latte a quei feticisti che amano gustarlo con i cereali, o giocarci a letto con le loro compagne non lactofile, ma contente di assecondarli spruzzandoselo sui seni, sulla vagina, o inondandoci pene e corpo del partner. Tra le lactofile, alcune provano piacere giocando col tiralatte, e altre con un uomo attaccato al seno arrivano ad orgasmi multipli che chiamano breastorgasm, orgasmi di seno, appunto.
Scoprire se si è lactofili è facilissimo se si è letto Furore di John Steinbeck fino all’ultima pagina, quando Rose, perso il bambino neonato, si avvicina a quell’uomo sconosciuto, stremato dalla fatica e dalla fame come lei, come tanti, come tutti in quel pezzo d’America disperata, e lo fa attaccare ai suoi seni gonfi di latte. Se avete provato disgusto nel leggere il finale, non siete lactofili: se invece quella scena, oltre a soddisfazione letteraria, vi ha provocato un languore diverso…
Il web permette di vivere feticismi possibili solo nella realtà virtuale: è il caso delle gigantesse, categoria porno in costante crescita su Pornhub e soci: video di donne giganti, più alte dei grattacieli, che mangiano minuscoli uomini-prede, oppure li schiacciano, li fanno a pezzi con i loro enormi piedi, tette, natiche. Le gigantesse attraggono sia donne che uomini, le prime proiettano nell’immagine di una gigantessa la loro fame di potere e di comando in chiave sessuale; di rimando gli uomini vi vedono il loro desiderio di rifiutare/perdere ogni autorità, di essere un giocattolo in mani femminili, il loro bottino di guerra, il loro antipasto, l’esca inerme che ha l’unico, ma dirompente desiderio sessuale di essere inghiottita.
I feticisti delle gigantesse, quasi un milione in tutto il mondo, non danno la priorità al nudo: nei video queste donnone sono quasi sempre vestite, il massimo della loro nudità è un bikini. Miserable, un vecchio videoclip del gruppo rock Lit, spiega la macrofilia delle gigantesse meglio di mille altri esempi: una meravigliosa, e gigante, Pamela Anderson, in sexy bikini bianco e zatteroni neri, si diverte a far passeggiare sul suo magnifico corpo i microscopici componenti della band.
Loro sono eroticamente attratti da questa donna bellissima e enorme. Ci giocano, la vogliono sedurre dedicandole la canzone, lei è il loro macro-feticcio, e loro sono per lei micro-feticci sessuali. Senonché, all’improvviso, Pamela diventa cattiva e inizia a dar loro la caccia perché li vuole mangiare: li afferra uno per uno, come fossero insetti, li ingoia tutti compiaciuta, sputa via una scarpa da tennis che le risulta sgradevole in bocca. E alla fine se ne va via sazia e soddisfatta. I Lit, di certo inconsapevolmente, in tre minuti regalano ad ogni fan delle gigantesse un orgasmo coi fiocchi.
Ma il web dà spazio e visibilità anche a feticismi ultraterreni quali la spectrofilia e l’exofilia, che riguardano chi si eccita al pensiero o addirittura dice di avere rapporti sessuali con fantasmi e con extraterrestri. I cantanti Kesha e Bobby Brown e l’attrice Lucy Liu sono spectrofili, e i media danno sempre più attenzione a persone comuni che raccontano le loro storie di sesso con “apparizioni” di vario tipo.
Tutte le loro testimonianze si equivalgono: sono sole in casa, avvertono una presenza che le tocca, le ghermisce, toglie loro i vestiti, le spinge per terra o sul letto. Sentono il peso di un corpo sul loro, il suo “respiro”, ci fanno sesso. I medici non le prendono per pazze ma, non avendo prove oggettive su cui basarsi, ipotizzano che queste persone siano effettivamente eccitate dall’idea di avere rapporti sessuali con esseri non umani, e che l’unico modo di concretizzare il loro desiderio sia quello di sognarlo. Gli spectrofili sarebbero feticisti che vivono una particolare forma di paralisi del sonno, in cui il loro corpo è fermo, ma il loro sistema sensoriale vigilissimo.
Invece gli exofili, ovvero coloro che si eccitano all’idea di fare sesso con gli extraterrestri, insieme a quelli che sostengono di averli sul serio, possono in qualche modo realizzare il loro feticismo attraverso gli ovopositori, grossi dildo che depositano appiccicose uova di gelatina nella vagina o nell’ano per chi vuole raggiungere l’orgasmo con la sensazione di essere penetrato e fecondato da una creatura aliena.
Nel mondo reale, l’ovopositore è una parte del corpo di molti insetti usata per deporre le uova; l’ovopositore-dildo tra i più venduti è quello della Primal Hardwere, azienda di sex-toys di un nativo americano molto misterioso, che nelle interviste si fa chiamare LoneWolf. A tutti i giornalisti curiosi che vanno a chiedergli lumi sul sesso fatto con un ovopositore, LoneWolf risponde:
«Al mondo ci sono tre cose che vendono: cibo, morte e sesso. Io ho già gestito vari ristoranti, la morte non mi interessa, ho cominciato anni fa a creare su richiesta dei sex-toys fallici dalle forme più disparate. Mi hanno contattato molte persone che hanno la fantasia sessuale di essere fecondate da un alieno. Ho così inventato questo tubo a forma fallica dove si possono depositare uova di gelatina che, immesse per via vaginale o rettale, si sciolgono nelle cavità corporee e vanno via da sole. Io l’ho provato di persona e non ho riscontrato problemi, ovviamente è un gioco sessuale che va fatto con moderazione. Per i miei ovopositori ricevo ordini da ogni parte del mondo: posso quindi assicurarvi che qualunque sia la vostra fantasia, non c’è niente che la possa fermare».