ItaliaOggi, 22 giugno 2018
Diritto & Rovescio
Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, rispondendo a un a quesito che gli era stato posto in una trasmissione tv, relativo al mantenimento della scorta allo scrittore di vicende mafiose Roberto Saviano, ha detto che le autorità pubbliche valuteranno se esistono le motivazioni per mantenerla. Su questi argomenti non c’è mai la certezza e quindi, nel dubbio del rischio, io sono per mantenergliela: meglio una scorta in più che una in meno. Ma quando ho sentito la reazione esagitata di Saviano che spara accuse roventi e indimostrate verso il ministro, ho avuto qualche ripensamento. So bene che è un gioco delle parti. Saviano si comporta come le sciantose scoppiate che, nel 1915, riacquistavano un po’ di popolarità coprendosi col tricolore (con lo strascico, è ovvio) e inneggiando a Trieste italiana. Saviano fa l’attore. Recita se stesso. Per mantenere lauti cachet deve dipingersi, lui da solo, come il nemico di tutte le mafie del mondo. «Largo che le faccio fuori tutte io». Le mafie, ovviamente, sperano di avere degli avversari del suo spessore.