il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2018
«È finito il dominio del maschio». Intervista ad Annie Ernaux
Il riscatto della memoria, il bisogno di voltarsi indietro e ripercorrere le proprie orme, fare i conti con gli inevitabili rimpianti e la necessità di scrivere come atto di celebrazione della vita. Per lungo tempo i lettori italiani hanno colpevolmente ignorato la prosa di Annie Ernaux; un oblio da cui è stata salvata grazie all’opera de L’Orma editore che ha ritradotto i suoi libri, riproponendoli in un mercato editoriale stanco e affollato.
Una scommessa ardita e vinta, grazie alla comunità online, “Billy il vizio di leggere” – guidata da Angelo Di Liberto e Carlo Cacciatore – che ha posizionato Il Posto in classifica nazionale. Da allora, libro dopo libro (Gli anni, L’altra figlia, Memoria di ragazza, Una donna) Ernaux è stata celebrata e oggi a Lignano Sabbiadoro riceverà il Premio Hemingway per la Letteratura nel corso della trentaquattresima edizione dedicata al poeta Pierluigi Cappello, membro della giuria scomparso lo scorso autunno.
Dal #MeToo ai rimpianti, “dalla dominazione maschile culturalmente accettata” alla questione Nobel, l’autrice francese, nata a Lillebonne il 1° settembre del 1940, non si tira indietro, non volta lo sguardo, non si rifugia dietro formule vane e diplomatiche. In questo tempo offuscato da fake news e trending topic corriamo il rischio di perdere di vista l’essenziale, abbiamo bisogno di voci capaci di leggere il nostro tempo. Annie Ernaux è una di queste.
Madame Ernaux, oggi viviamo in una società misogina?
Viviamo in una società che per secoli è stata segnata dalla dominazione maschile. Preferisco usare questa parola, piuttosto che misoginia, perché l’amore per le donne non è mai libero da forme di dominio, come dimostra Don Giovanni!
Negli ultimi mesi, il #metoo è stato al centro dei media. Cosa ne pensa?
Nel corso del Ventesimo secolo le donne occidentali hanno preso coscienza dell’ineguaglianza della loro condizione e hanno ottenuto la libertà di contraccezione e di aborto. È stata una rivoluzione per l’umanità: improvvisamente era possibile avere una vita sessuale libera, come quella degli uomini. Gli uomini hanno spesso considerato legittimo molestare o forzare una ‘cagna’ perché lei indossa una gonna corta o magari, ha accettato di bere qualcosa a casa. Per quaranta, cinquanta anni, le donne hanno continuato a tacere, provando vergogna nei confronti delle proprie madri, pur conducendo una vita completamente diversa da loro. Ecco, il movimento #metoo è questo: il rifiuto, chiaro e inequivocabile della dominazione sessuale maschile sino a oggi implicitamente accettata dalla società. Credo che oggi la concezione stessa della virilità sia al centro del dibattito.
Restando sull’attualità, il dibattito sui migranti ha diviso l’opinione pubblica. Pensa che il presidente Macron abbia fatto bene ad attaccare l’Italia?
Il trattamento dei migranti da parte dell’Europa è uno scandalo e nel caso dell’Aquarius ha compiuto un grande passo verso la disumanità. Non ho alcuna simpatia, a dir poco, per il nuovo governo italiano, ma il suo rifiuto di ospitare oltre seicento rifugiati ha messo sotto scacco il resto dell’Europa. Siamo onesti, l’Europa ha lasciato l’Italia e la Grecia da sole a gestire l’intero afflusso di migranti. Macron ha perso l’occasione per stare zitto, il suo atteggiamento era sia ipocrita che vigliacco, timoroso di alienarsi il pubblico francese.
Condivide la decisione di non assegnare il premio Nobel quest’anno?
Non sono mai stata sufficientemente interessata al premio Nobel – che, sottolineiamolo, ha assegnato il suo premio a quattordici donne in più di cento anni – per avere una mia opinione…
Ne “Il Posto” scrive, “la memoria fa resistenza”. Ha dei rimpianti?
Nel complesso, no, non ho rimpianti per il corso della mia vita, proprio come recita quella famosa canzone di Edith Piaf. Invece, se penso ai miei genitori tutto cambia e mi sento in colpa per le mie azioni nei loro confronti.
Scrivendo, lei elimina le parole superflue. È la sua voce naturale?
Non so cosa significa ‘voce naturale’, non credo di possederne una. Scrivendo non mi lascio mai andare ad un flusso spontaneo. Io ‘fisso’ delle immagini interiori, dei ricordi, cercando di trovare le parole che possano trasmetterle, i pensieri che nascono. Scrivendo ho sempre la tendenza ad eliminare, tendo alla sottrazione di ciò che non è essenziale.
Cosa significa scrivere per lei: catarsi, missione, ossessione?
Tutte e tre, senza dubbio. Ho bisogno di scrivere, di essere utile contro il tempo che corre via. Se mi chiedesse, ‘che cosa è venuta a fare in questo mondo?’, la risposta migliore sarebbe: scrivere, testimoniare una vita, un’epoca.
Qual è il compito della letteratura, madame Ernaux?
Per me – non pretendo di parlare in generale – significa aprirsi a pensieri ed emozioni che non provavamo prima di aprire un libro.