il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2018
Troppa cocaina nei fiumi, allarme per i pesci “drogati”
Le tracce di cocaina presenti nei fiumi, soprattutto vicino alle grandi città, sono sufficienti a provocare effetti nei pesci, che potrebbero metterne in pericolo la sopravvivenza, come nel caso delle anguille. Lo afferma uno studio coordinato da Anna Capaldo dell’Università Federico II di Napoli, pubblicato da Science of the Total Environment. I ricercatori hanno messo alcune anguille europee in delle vasche con una concentrazione di cocaina pari a quella trovata nei tratti urbani di alcuni fiumi, come ad esempio il Tamigi, analizzandone poi le carni. La droga si era accumulata nel cervello, nei muscoli, nella pelle e in altri tessuti. I muscoli in particolare sono risultati danneggiati e con cambiamenti negli ormoni presenti, e il problema è rimasto anche dopo dieci giorni di “riabilitazione” in vasca senza cocaina. “Abbiamo scelto le anguille perchè sono in pericolo di estinzione e per il fatto che sono pesci grassi, il che favorisce l’accumulazione delle sostanze”, spiega all’Ansa Capasso. In linea teorica i danni potrebbero riguardare anche altri pesci. Invece sulle conseguenze per l’uomo la ricercatrice è cauta. “Non sappiamo cosa succede quando l’animale muore e l’effetto che ha la cottura. Servono altre ricerche”.