il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2018
I conti misteriosi dietro i 35 euro al giorno per ciascun migrante
Ma 35 euro al giorno per migrante sono tanti o pochi? Il ministro dell’Interno Matteo Salvini vuole fare tagli lineari, l’altro vicepremier, Luigi Di Maio (M5S) dice che “dobbiamo ridurre il business dell’immigrazione” e per farlo “iniziamo a far rendicontare i fondi dell’accoglienza ai soggetti che li gestiscono: cooperative, società, associazioni”.
Sarebbe già un primo passo, perché dietro quella cifra simbolica di costo per migrante, c’è una grande confusione. Si cita spesso il dato nel Documento di economia e finanza: 4,3 miliardi nel 2017 per “soccorso, assistenza sanitaria, accoglienza”. Quasi il 70 per cento di questa spesa – 2,8 miliardi – deriva dall’accoglienza, il soccorso in mare pesa il 19 per cento. L’anno prima, secondo la Corte dei conti, era di 1,7 miliardi. Una ricerca della Banca d’Italia di Rosario Maria Ballatore, che si basa su dati 2014-2015, stima che il costo giornaliero per individuo è di circa 30 euro. I tre quarti dei soldi vengono impiegati per le strutture temporanee, soltanto il 24,3 per cento per la rete Sprar, la rete degli enti locali per la protezione dei rifugiati.
Capire dove e come si può risparmiare non è facile. La Corte dei conti ha provato a indagare sulle inefficienze (che talvolta consentono ruberie) ma ha faticato anche a raccogliere le informazioni. Se consideriamo una provincia relativamente virtuosa come quella di Treviso, scopriamo strane disparità di costo tra un operatore dell’accoglienza e l’altro. La Nova Facility, per esempio, può ospitare 859 persone e spende per nutrire i migranti di cui si occupa 7,83 euro al giorno. Il piccolo consorzio Restituire sociale può gestire soltanto 7 persone, ma per queste spende 26,58 euro al giorno per pasti o alimenti.
Soltanto una questione di economie di scala, con i costi medi che si abbattono al crescere del numero di ospiti? Sembra che sia soprattutto discrezionalità visto che un’altra cooperativa di taglia media, Hilal, per 230 persone spende per i pasti soltanto 3,87 euro a migrante, la metà della grande Nova Facility. Il risultato è che qualche cooperativa o società sostiene costi che azzerano quasi il margine di profitto, perché vicini ai 35 euro al giorno erogati dallo Stato per ogni migrante, mentre altre riescono ad avere costi complessivi di soli 18 euro scarsi (guarda caso sono anche le cooperative che spendono meno per il cibo agli ospiti).
In altre Province, come Avellino, è impossibile sapere come vengono spesi i fondi trasferiti dal governo, perché società e cooperative non comunicano neppure i propri costi alla Corte dei conti.
A Prato c’è chi sostiene di spendere 12 euro soltanto per il pernottamento degli ospiti, mentre la diocesi di Prato ha un costo complessivo per persona per tutti i servizi di soli 13,99 euro, agli antipodi c’è il consorzio Astir con 34,35 euro. È comunque meglio che all’inizio dell’ondata migratoria quando, nel 20’13, si registravano costi medi per migrante che andavano dai 4,97 euro al giorno in Sicilia agli 11,63 della Puglia ai 56,16 dell’Emilia Romagna (il record è stato toccato nel centro di identificazione ed espulsione di Modena con 167,81 euro a testa al giorno). Inutile illudersi che i soldi si possano recuperare con le ispezioni che sanzionano chi viola gli standard minimi: i controlli sono rari e le somme incassate di poche migliaia di euro.
La gestione in perenne emergenza spinge le Regioni ad affidare i contratti per la gestione dei migranti senza gara. Nel 2017 la Lombardia ha usato l’affidamento diretto nel 18 per cento delle 1507 procedure che ha gestito, il Veneto il 12, la Toscana il 13.
Parte del problema deriva dal rifiuto di molti enti locali di fare la loro parte nell’accoglienza diffusa sul territorio che segue la prima fase di identificazione e scrematura: la commissione di inchiesta parlamentare sul sistema di accoglienza, nella scorsa legislatura, stigmatizzava che al 30 novembre gli enti locali nel sistema Sprar avessero accolto solo 24.972 persone invece delle 31.270 previste, una differenza di 6.302 posti. Meno funziona il sistema pubblico, più opportunità d’affari ci sono per i privati. Ridurre i costi è sicuramente possibile, capire esattamente dove tagliare molto difficile.