il Giornale, 22 giugno 2018
Il dilemma della colf rom
All’ipocrita resistenza contro il «censimento» degli zingari e alle anime sensibili che gridano al razzismo, vorrei contrapporre una riflessione sulla natura umana, sul concetto di diffidenza, e fare una domanda. Perché Salvini non si è posto il problema del censimento dei filippini e degli srilankesi, che pure sono tanti e lavorano (spesso in nero) in Italia? Perché non si preoccupa di questi extracomunitari? Per le medesima ragione per cui quegli indignati, quelle anime sensibili, accolgono volentieri in casa, per i lavori umili, per le pulizie, filippini e srilankesi, che sono buoni e di cui si fidano. Vorrei chiedere agli stessi: chi di voi ha una colf, una badante, una donna delle pulizie rom? La risposta spontanea è: «Non a casa mia». Perché nelle case di illuminati progressisti non razzisti non ho mai visto inservienti e persone di fiducia zingari? Siamo tutti uguali, e tutti capaci di applicarci a servizi utili. Eppure esiste una diffidenza primordiale, una indisponibilità, che rivelano un razzismo involontario. La distinzione è così insidiosa che arriva a discriminare i rom anche dai romeni, assimilati e tollerati in funzioni subalterne, che vanno oltre i sospetti e le preoccupazioni che schiacciano, nella nostra considerazione i rom. Ho letto la Boldrini: «Fare il censimento allo scopo di schedare su base etnica è vietato dalla legge. Disumanità al potere. Respingiamo Salvini». A parte l’odio per Salvini, inammissibile comunque, voi credete che la Boldrini abbia assunto o abbia mai pensato di assumere una colf rom?