la Repubblica, 21 giugno 2018
Il risotto di Giuseppe Verdi
Un’“officina d’alta alchimia pantagruelica”, così Giuseppe Giacosa descriveva le cucine di Villa Sant’Agata, la tenuta di Villanova sull’Arda (Pc) dove Giuseppe Verdi visse per mezzo secolo. Un rapporto, quello del compositore con il cibo, intenso ma mai morboso: è sempre Giacosa a spiegare come Verdi non fosse “un gran mangiatore” ma piuttosto un raffinato gourmet, che considerava “il pranzo quale opera d’arte”. Tra aprile e dicembre, l’associazione di aziende agricole piacentine Le Terre Traverse organizza “Nella pianura di Giuseppe Verdi”, un calendario di eventi culturali in dimore e cascine della zona. Venerdì 13 luglio, nel castello di San Pietro in Cerro, c’è la cena “Verdi tra le stelle”, con le ricette “di casa” del musicista. Tra i piatti ricorrenti sulla tavola di villa Sant’Agata c’erano i malfatti, sorta di gnocchi con spinaci, la “torta fritta” con gli affettati, la bomba di riso con piccione e i pisarei e fa?ö, gnocchetti conditi con fagioli e pomodoro. Come dessert, sbrisolona o ciambelle al forno, accompagnate da zabaione al passito o al Marsala.
Ennio Cominetti – organista, compositore e direttore d’orchestra – ha dedicato proprio al genio di Busseto parte del libro Musica in… tavola. Le ricette dei grandi musicisti italiani (con Clara Bertella, EurArte, 2015): «Nell’Ottocento – racconta – il cibo era uno strumento per ostentare lo status sociale e Verdi non faceva eccezione, anche se aveva gusti più sobri rispetto a suoi contemporanei come Rossini». Da buon padano amava il riso, tanto che lo chef Henri-Paul Pellaprat gli dedicò un risotto con asparagi, funghi e prosciutto. E andava pazzo anche per salumi e insaccati come la “spalletta” di maiale, da consumare bollita, che proponeva spesso ai suoi ospiti e che arrivò persino a spedire all’editore Giulio Ricordi a Milano. A Verdi va forse anche il merito di aver inaugurato un’abitudine del mondo operistico nazionale: «Non lasciava mai l’Italia senza opportuno vettovagliamento – racconta ancora Cominetti – ed è a sua moglie che affidava la custodia e l’organizzazione della cambusa».
Così Giuseppina Strepponi, alla vigilia di un viaggio a Pietroburgo, scriveva al segretario di Adelaide Ristori: «Ci vorranno i tagliatelli e i maccheroni ben perfetti per rendere Verdi di buon umore in mezzo al ghiaccio e alle pelliccerie» e ammoniva: «Se la Ristori credesse soperchiare, predominare colle tagliatelle, Verdi conta eclissarla col risotto che per verità sa fare divinamente». D’altronde è lo stesso Verdi a chiarirlo, in una lettera a Ricordi: «Poesia, idealismo, tutto va bene… ma non si può far a meno di mangiare!».