Richards è sempre stato l’interlocutore più divertente tra gli Stones, brutalmente onesto e con la battuta pronta. Sui tanti ritiri dalle scene di musicisti suoi contemporanei taglia corto: «Più spazio per noi!». E sull’annuncio dell’addio di Elton John al termine di un tour di tre anni ride: «Dopo tre anni in tour con Elton anche tu potresti desiderare di ritirarti. Lo prendo in parola». Richards ha un lungo contenzioso con Elton (che una volta lo ha definito “uno str...
che sembra una scimmia con l’artrite”) ma ora sembra disposto a dimenticare: «È un adorabile vecchietto, con l’età si è ammorbidito». Ma se gli si chiede se ne sentirà la mancanza dopo il ritiro, è irremovibile: «Per niente».
Richards insiste nel ribadire che non c’è nessuna idea di ritiro da parte dei Rolling Stones: «Nessuno di noi ha mai detto mezza parola su questo. Immagino che un giorno ovviamente accadrà, ma non nell’immediato futuro». La band è nel mezzo del primo tour da dieci anni a questa parte (domani sera suoneranno a Berlino, ndr): «Ma è sempre un piacere salire ancora sul palco. specialmente con questa band. Penso che i ragazzi stiano suonando meglio di sempre. Forse è l’esperienza. Sono grato di lavorare con alcuni dei migliori musicisti di sempre. E questa cosa non invecchia».
C’è un nuovo album degli Stones in preparazione, dopo Blue & lonesome del 2016: «Mick è un grande, ce la stiamo cavando molto bene». Jagger e Richards si sono conosciuti a scuola e sono il cuore creativo e i leader degli Stones dal 1962. Non sono sempre andati d’accordo, e hanno attraversato un momento molto critico dopo la pubblicazione dell’acclamata autobiografia di Richards, Life, che conteneva commenti sprezzanti su Jagger.
Per un periodo nessuno è stato in grado di dire se gli Stones avrebbero suonato ancora insieme. «Mick e io viviamo con il fuoco tra di noi», racconta Richards, che è molto affettuoso nei confronti dei suoi compagni di band, «siamo fatti l’uno per l’altro. Possiamo stare felicemente lontani per mesi.
Ma è proprio quel gap che rende tutto più interessante. Torni più fresco. Quando lavoriamo insieme proviamo duramente, ci immergiamo nel lavoro».
Il suo periodo preferito degli Stones è quello tra il 1968 il 1972: « Beggars banquet, Let it bleed, Sticky fingers, Exile on main street... abbiamo davvero colto nel segno». Nell’era del #metoo, viene da chiedersi se Richards non abbia qualche rimorso per episodi del passato: «Dovresti chiederlo alle signore. Io non ho denunce».
Tra morti e addii alle scene, il rock sembra prossimo alla fine.
Richards resta ottimista: «Non penso sia la fine di un’era, è un processo di trasformazione.
Se il rock’n’roll è alla fine, quando è cominciato? È parte del blues, un frammento di un quadro musicale che riguarda tutto il mondo. Se parliamo di moda e di altre cose, tutto per un periodo è stato rock — non puoi pensare che vada avanti per sempre.
Ma noi in questo tour suoniamo per milioni di persone. Altro che morte».
Richards non è molto interessato alla nuova musica («Anche quando ero ragazzo non prestavo molta attenzione al pop, preferivo le vecchie cose»), ma ammira Lady Gaga, che paragona a Barbra Streisand, e Ed Sheeran: «Bella voce, belle canzoni».
E parlando dei suoi coetanei, Quincy Jones recentemente ha denigrato le qualità tecniche dei Beatles, ma Richards non è convinto: «Il loro songwriting era il punto di forza di ciò che facevano, non la loro abilità di musicisti, che era assolutamente adeguata», ride. «Le loro armonie vocali erano molto forti. Quindi senza prendersela con il nostro Quincy Jones, lasciate stare i Beatles». Richards ha letto una grande quantità di libri di storia e ascoltato blues, jazz e classica.
Sta seguendo anche la politica?
«È molto difficile non farlo oggi.
C’è un presidente (Trump) molto buffo. E non lo dico ridendo».
Proprio Trump ha usato un brano degli Stones, You can’t always get what you want, per la sua campagna elettorale nonostante la band gli abbia chiesto di non farlo: «Sono i modi che usa questo tizio», dice sarcasticamente.
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