La Stampa, 21 giugno 2018
A Crotone il record delle disoccupate. «Se a 35 anni non hai un lavoro sei finita»
Se cresci a Crotone sai già di avere il destino segnato: per trovare un lavoro dovrai fare i salti mortali o andare via. Se cresci a Crotone e sei donna, anche i salti mortali potrebbero essere inutili: è la città con il più basso tasso di occupazione femminile giovanile d’Italia. Se una giovane donna trova un lavoro ufficiale, altre nove restano a casa o si arrangiano come possono.
Vittoria Messina di lavori ufficiali ne aveva trovati due. Ma a Crotone non basta trovare un lavoro per considerarsi salvi, bisogna anche riuscire a conservarlo. Vittoria li ha persi entrambi. «Ho iniziato in un call center. Vendevo linee Adsl, guadagnavo sui 300-350 euro in quattro ore. Dopo alcuni anni i clienti hanno iniziato a non comprare più linee Adsl, la mia produttività è calata. Avrebbero potuto spostarmi su un altro prodotto, invece mi hanno mandata via, dopo otto anni lì».
È riuscita a farsi assumere in un albergo, «Lavoravo di più e guadagnavo di più. Però l’albergo si reggeva soprattutto sulle convenzioni. Quando non sono state rinnovate, i proprietari si sono scusati con me ma non riuscivano più a pagare i miei contributi previdenziali. Mi hanno mandata via».
Il confine anagrafico
È la legge dei 35 anni. Chi li supera spesso è fuori. Ai datori di lavoro conviene assumere persone più giovani e usufruire degli sgravi previsti dalle norme. Accade in tutt’Italia ma a Crotone rischi di non riprenderti mai più. Svanito il call-center, svanito l’albergo, resta poco. Vittoria sta provando con i curriculum. «Nessuno risponde. Ora ho paura di non farcela. Aspetto qualche mese poi forse andrò via. Se supero i 40 anni è finita».
«La disoccupazione di Crotone è reale, non nasconde grandi cifre di lavoro nero. I quarantenni e i cinquantenni vivono grazie alle pensioni dei genitori. Quando questi anziani moriranno e anche questa risorsa finirà scoppierà l’economia della zona», spiega Francesco Mingrone, segretario generale della Cisl di Catanzaro-Crotone-Vibo Valentia. «L’ultima promessa mantenuta da un politico risale al ’96: dopo l’alluvione che colpì la città, arrivò Romano Prodi, allora premier, e promise l’attivazione di un call-center. Oggi è operativo, dà lavoro a 1200 persone, non è la soluzione definitiva ma è una delle poche risorse presenti», ricorda Raffaele Felbo, segretario generale della Cgil locale.Catiuscia Tambaro ha due lauree e una serie di esperienze di lavoro pagate poco, pagate male, alla fine non pagate affatto. Una scuola privata, per esempio. Le affidano il doposcuola e la ludoteca. Nessun contratto. Il primo mese le mettono 3-400 euro in una busta. Il secondo mese nulla. Il terzo nemmeno. «Ero incinta, ho terminato l’anno per senso del dovere ma per vedere una parte dei soldi che mi spettavano ho dovuto mandare mio marito. Ho ottenuto un assegno postdatato per una cifra nettamente inferiore a quella che mi spettava». Poi è arrivato un impiego all’infopoint. «Bello, interessante, pagato meglio ma è finito presto». Restava il call-center. «Sì, sono passata anche io di lì, come tante donne di Crotone, ma sono scappata. Mi ha distrutta da un punto di vista psicologico». E ora? «Mio marito ha uno stipendio, posso permettermi il lusso di crescere i miei figli. Il lavoro dovrebbe anche essere una crescita personale, quello che ho trovato era solo frustrante e deprimente. Ho deciso di dare il mio contributo alla società formando al meglio due persone in più».
Crotone non è solo la capitale della disoccupazione femminile. Qui uomini e donne sono legati da un’identica maledizione: non c’è più lavoro per nessuno. La Crotone del 2018 è il frutto di una visione concentrata su settori che non avevano futuro, di sicuro non in questa terra.
L’età dell’oro
C’è stata un’epoca in cui aziende come Pertusola Sud e Montedison avevano portato occupazione, stipendi, stabilità economica e Crotone era considerata uno dei grandi poli industriali del Sud. Ne restano gli scheletri sotto forma di fabbriche dismesse, aree da bonificare, inquinamento e tassi troppo elevati di malati di cancro. Terminato il futuro è iniziato un lungo presente in cui il numero dei disoccupati, uomini e donne, è cresciuto fino a diventare il triplo del resto d’Italia.
Giancarlo Siciliani lavorava alla Pertusola Sud. Operaio, poi caporeparto, infine messo alla porta. «Chiuse le fabbriche qui non c’è altro. Ogni mattina vado in giro. Se trovo qualcosa lavoro altrimenti torno a casa. Vado in garage, c’è sempre qualcosa da sistemare e, anche se non c’è, la trovo. Se mi fermo, mi sembra di diventare pazzo. Non posso ammalarmi, non posso sperare in una pensione e non posso lavorare. Sono un uomo senza più futuro».