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 2018  giugno 21 Giovedì calendario

Operazione Lavatrice

Se la Rai fosse un acquario o un rettilario, varrebbe la pena di pagare il biglietto e sedersi lì davanti in osservazione, per godersi uno spettacolo che nessun cinema, teatro, serie tv sono in grado di offrire. Purtroppo bisogna accontentarsi degli spifferi che escono dai corridoi di Viale Mazzini e Saxa Rubra: alcuni troppo belli per essere veri e altri troppo veri per essere belli. Provate a immaginare centinaia di tapini paracadutati o promossi nel ventennio berlusconiano perché credevano – o almeno così dicevano – nella famosa rivoluzione liberale: foto di Silvio sulla scrivania, bandierone di Forza Italia a coprire il tricolore e – per le donne – farfallina dorata di ordinanza appesa alla catenina al posto del crocifisso. Poi venne giù tutto e si scoprirono tutti montiani o bersaniani. Poi rivenne giù tutto e si convertirono, con gran consumo di lingue, costole e rotule, al renzismo. Andavano alle Leopolde, vestivano Zara come la Boschi, portavano i boccoli à la Madia, stravedevano per la rottamazione (altrui), erano sempre al telefono con Epurator Anzaldi senza mai muovere un sopracciglio alle cacciate di Gabanelli, Berlinguer, Giannini e Giletti. Pensavano che la pacchia durasse almeno vent’anni, per riposare un po’ le lingue, le costole e le rotule fino alla pensione. Invece il 4 marzo è di nuovo crollato tutto e ora rieccoli lì a cercarsi un posto al sole sul carro dei nuovi vincitori.
Dei 5Stelle non sanno chi chiamare: mezzibusti grillini non se ne conoscono e Freccero, indicato in Cda dal M5S, non risponde a ordini (e manco ne riceve). Quindi passano da un Matteo all’altro e si buttano tutti sulla Lega, che proprio nuova non è visto che nacque nel lontano 1989 e sbarcò al governo, e dunque in Rai, nel lontano ’94 per non andarsene più. I più avvantaggiati sono i leghisti: gli basta passare da bossian-maroniani a salviniani-isoardiani e il gioco è fatto. Ma pure i berlusconidi non se la passano male: il Caimano resta pur sempre alleato del Cazzaro Verde, anche se questo gli mette le corna per un po’ con l’odiato Di Maio. E poi Salvini è uno di bocca buona e stomaco forte: nella Lega-non-più-Nord sta riciclando fior di fascisti della Roma ladrona, di vecchi arnesi Ancien Régime siciliani e calabresi. Non buttando via niente e può digerire senza neppure un ruttino qualche forzista da riporto. Dell’Operazione Riciclaggio s’è incaricato Gennaro Sangiuliano, eterno vicedirettore del Tg1 fin dal 2009 (èra Minzolini), che ha messo su una specie di tintoria per l’ammollo, il lavaggio e la riverniciatura degli ex berlusconiani folgorati – il 4 marzo sera – sulla via del salvinismo.
Lui, Genny ’a Poltrona, in queste cose è maestro: il primo a passare in tintoria fu proprio lui. Da giovane era fascista: nel profilo Fb pubblica una sua foto da studente con Almirante con scritto “Credo nelle mie idee”, che peraltro sono molte. Subito dopo infatti si scoprì liberale e divenne direttore de L’Opinione del mezzogiorno per grazia ricevuta del ministro della Malasanità De Lorenzo. La svolta moderata di Fini con An non lo colse impreparato: finiano di osservanza Gasparri (suo testimone di nozze dieci giorni fa), ma anche un po’ Laboccetta. Infatti, essendo gasparriano e laboccettiano, se la tira da intellettuale e scrive libri: dalla storia del Terzo Reich alla stroncatura di Hillary Clinton alle agiografie di Trump e Putin. Intanto passa al Roma di Tatarella e poi a Libero, come vice di Feltri. Quando Fini molla B., Genny molla Fini e resta con B. E si inabissa per un po’, infatti conserva la poltrona anche con Orfeo, messo lì dal governo Monti e poi promosso da Renzi addirittura a dg. Appena Matteo nostro perde il referendum, Genny rimette fuori il capino ed esalta la vittoria del No paragonandola a quelle della Brexit e di Trump: “Una triade hegeliana di riappropriazione della sovranità”. Strano: il Tg1 di cui è vicedirettore era spalmato sul Sì. Il 6 marzo, con ben due giorni di ritardo sulla vittoria grillo-leghista, posta su Fb un selfie con Salvini (“caro amico”) e altre foto che ritraggono Matteo suo sprofondato nella lettura della sua Putin story. Ora, in suo nome, recluta truppe cammellate per la squadra leghista-sovranista che dovrà prendere il potere nella nuova Rai, ma forse l’ha già preso, visto che i Genny Boys sono lì da più di una vita e sanno già dove mettere le mani, al contrario dei grillini, che rischiano anche qui di non toccare palla.
Salvini, immemore del contratto di governo che promette una Rai senza partiti, ha già detto che questi tg non gli piacciono. E in effetti sono tutti renziani e fanno pure ribrezzo, ma definirli “come quelli degli anni 20 e 30” è un po’ eccessivo: anche perché negli anni 20 e 30 la televisione non era stata ancora inventata. Genny, in qualità di storico, glielo spiegherà. Sempreché Matteo suo abbia tempo da perdere, fra una sparata e una processione di postulanti che chiedono un posto al sole. O al sòla. Si racconta che il problema di Elisa Isoardi, in piena crisi mistica, non sia che posta su Instagram preghiere alla Madonna: è che si crede lei stessa la Madonna, perché non era mai stata così salutata, osannata e santificata in vita sua. Si narra financo che il direttore già renzianissimo di un tg, non proprio il primo, si sia fatto presentare a Salvini da un autore della Isoardi. Ed è tutto un cercare zie, cugini, cognati, conoscenti, parrucchiere, truccatrici della First Sciura per avere un contatto, e magari un contratto. Non vale più neppure la regola del fu bipolarismo, raccontata a suo tempo da Francesco Storace, che dalla Vigilanza ne aveva viste tante: quella dei mezzibusti che conservavano e all’occorrenza esibivano la foto di un nonno fascista alla marcia su Roma e quella dell’altro nonno (o forse era sempre lo stesso) partigiano rosso al collo. Ma si può vivere così?