Corriere della Sera, 21 giugno 2018
Ecco com’è andato il concerto di Cesare Cremonini a San Siro
Inquadratura sulle scarpe argentate. La camminata dal camerino al palco. Al momento dell’uscita in scena da una botola tutto è spento: niente luci e niente video. Non è un problema tecnico. Sul palco di San Siro c’è Cesare Cremonini da solo. Con una tastiera da cui partono le note di «Possibili scenari». Siamo abituati a vedere quelli che si giocano tutto subito, che poi ci sia l’effetto wow o la trovata da circo dipende... «Vedo una rincorsa alle aperture in cui si mostrano i muscoli. Sono da solo, metaforicamente nudo, con una tastiera, unico elemento che richiama l’attenzione del pubblico. Offro naturalezza», raccontava Cesare nel pomeriggio.
Lo spettacolo poi arriva. Ed è tutto sul concept che ha ispirato la copertina dell’ultimo album «Possibili scenari», una barra con macchie di colore che sembra psichedelia pura ma invece sono mappe termiche. Quando si accende la scenografia ci sono 5 megaschermi a forma di parallelepipedo che si accendono con quei colori. E che con i loro movimenti e le proiezioni faranno da racconto alle 2 ore e 20 minuti di canzoni. «Lo spettacolo è la ciliegina sulla torta. Quando non hai canzoni la spettacolarizzazione trasforma un concerto in uno showcase di effetti speciali e basta».
Cremonini alle sue crede fino in fondo. Ci ha sempre creduto anche quando le cose non andavano bene. Dopo aver visto la serie A con i Lùnapop («Non penso alla reunion. È come se quando stai per sposarti ti chiedessero se vuoi rimetterti con la prima fidanzata») era finito ai margini del pop. E dire che scriveva canzoni come «Padremadre» o «Latin lover», entrambe presenti nella prima parte. Assieme a una perla assoluta come «La nuova stella di Broadway» e a «Kashmir-Kashmir», racconto della nostra società dagli occhi di un emigrato. È nelle radio adesso, cronaca ancora più che attualità. «È una casualità che sia uscito adesso ma non mi sento lontano dal mondo e dagli avvenimenti drammatici di questi giorni».
Giacca bianca e camicia metallizzata. Cremonini veste San Siro e gli sta addosso a pennello. «Non mi sono calato nei panni di un altro. È come se mi fossi sempre presentato con l’abito per questa serata anche quando ero in contesti diversi. Finalmente è arrivato il momento giusto nel posto giusto. È un giorno bellissimo, il punto di arrivo di una carriera e il sogno di quando ero ragazzino. Ho sempre ragionato perché si potesse arrivare qui».
A metà del concerto Cremonini si prende uno dei palchi laterali, quello con il pianoforte e parte con un set acustico con «Figlio di un re», «Una come te, «Vieni a vedere perché», «Le sei e ventisei». Ci tiene a far vedere che padroneggia la materia. «Lavoro per due anni a un album con anima, cuore e passione e non faccio le cose così per fare. In un momento in cui la musica e le canzoni vanno verso basi semplici, io faccio ancora arrangiamenti».
Su «50 Special» i 56 mila (51 mila biglietti più gli omaggi, a fare il tifo anche le galline di casa spedite via whatsapp dalla mamma) fanno tremare le tribune. La canzone che lo lanciò come un fulmine nel panorama pop di fine anni Novanta con quei Lùnapop durati una stagione. «Gi stadi sono la prima cosa che arriva nel momento giusto, le altre sono arrivate troppo presto e per questo spesso sono stato sottovalutato».
Il tour negli stadi (sarà a Roma il 23 e a Bologna il 26) non è una medaglietta da mettere in bacheca. «Con la data zero di Lignano dei giorni scorsi ho scoperto che fare gli stadi è meraviglioso. Mi sento a mio agio. Voglio continuare a farli». Cremonini è tornato in serie A, seguendo una strada più complicata fatta di coerenza e di no (non lo si vede quasi mai in tv o nelle ammucchiate live con altri artisti) che alla fine ha premiato.
Il palco lo indossa e lo vive anche fisicamente. Corre salta e suda. «Sono arrivato preparato fisicamente. Dopo 1 anno e mezzo di sedentarietà da uno che sta sempre in studio, ho deciso di staccare facendo lunghissime passeggiate sui colli bolognesi con in cuffia la scaletta di questo concerto».