Corriere della Sera, 21 giugno 2018
Il boom di cani e gatti in Cina
PECHINO Per la Cina è l’Anno del Cane, inteso come segno dello zodiaco. Ma discutono di cani anche legislatori di molte città della Repubblica popolare ed economisti. In questo Paese dove la classe media è in crescita continua, infatti, aumenta anche il numero delle persone che hanno in casa animali da compagnia, cani e gatti soprattutto. Solo a Pechino un milione di famiglie ha un cane. Il dato è preciso per difetto, perché sarebbe obbligatorio registrarli e vaccinarli. In tutto il Paese sono oltre 100 milioni i cani regolarmente denunciati e 100 milioni sono anche i gatti da appartamento.
È «un nuovo stile di vita, oltre che un traino per i consumi», spiega l’agenzia Xinhua: nel 2017 per nutrire e coccolare i loro gatti i cinesi hanno speso più di 8 miliardi di yuan (oltre un miliardo di euro). Il dato risulta dal bilancio della piattaforma di e-commerce Taobao, operata dal gigante Alibaba, che vende prodotti per gli amanti dei felini. Stesso conto per i cani, sul web si può comperare di tutto, perché i cinesi di classe media e alta seguono con cura maniacale le loro passioni. Quindi non badano a spese per avere collari con sistema di rilevamento Gps, giocattolini alla moda, prodotti veterinari. A Pechino ci sono negozi per arredare la cuccia, dai lettini alle poltroncine.
Il business, dati i grandi numeri della Cina, è enorme. Ci sono eccessi, come quello di un mastino tibetano rosso comperato per 15 milioni di yuan (2 milioni di euro) da un immobiliarista dello Zhejiang. E ci sono commercianti spregiudicati che inseguono questa bolla economica, si lanciano nell’allevamento di razze alla moda per poi lasciare i cani in strada quando il mercato non tira più. Molti nuovi ricchi non sanno quanto sia impegnativo avere un animale da compagnia e finiscono per maltrattarlo. Per questo è intervenuta l’Accademia delle scienze sociali di Pechino, think tank governativo, che sta preparando una normativa anti-abusi.
In attesa di una legge quadro, molte città si stanno muovendo da sole. Con regole a volte stravaganti e poco rispettate. A Pechino per esempio sarebbe in vigore dal 2006 la prescrizione «Yi hu yi quan», che significa una famiglia un cane. E sarebbero vietati gli esemplari di taglia superiore ai 35,5 centimetri di altezza e dalla natura aggressiva. Nel sito del Bureau municipale per l’agricoltura, competente per gli affari veterinari, vengono minacciate pene severe, dalla multa di circa 500 euro al sequestro e alla «distruzione» dell’animale. In realtà, non sono stati segnalati casi di intervento da parte della polizia e in strada si vedono al guinzaglio coppie di cani di varia taglia.
C’è un altro fenomeno che dall’Occidente si è diffuso in Cina, quello dell’amore virtuale per i gatti. Tencent, colosso del web, ha fatto un sondaggio tra le centinaia di milioni di utenti del suo servizio di messaggistica e ha rilevato che il 72% dei giovani che usano WeChat, hanno un gatto come avatar e la app contiene 30 mila emoji a forma di felino. Un grande amore. Però in Asia, e in Cina in particolare, i cani vengono anche mangiati: 30 milioni ogni anno. Oggi, per il solstizio d’estate, si apre a Yulin nel Guangxi l’orrendo Festival della carne di cane. Migliaia di animali uccisi e cucinati. Humane Society International, che si batte contro la strage, segnala che in realtà quella di Yulin non è una tradizione ma una fiera inventata per fini commerciali nel 2010: il governo si è impegnato a farla finire.