Corriere della Sera, 21 giugno 2018
La strategia social di Salvini: un post all’ora sul web a caccia del consenso
Giuliano Ferrara e Laura Boldrini – che avevano twittato con l’hashtag #viailbullodalViminale – li chiama «simpaticoni», al vicesindaco di Valencia che lo critica manda un «bacione». Più duri i commenti su Albinati («Vergogna»), sulla pubblicità della Benetton con i migranti («Squallido»), su Toscani («Penoso»). E quando smette (ma li smette?) i panni del ministro per tuffarsi nella rissa da social, Salvini non esita neppure a replicare direttamente a un esponente della famiglia dei Casamonica di Roma, che lo aveva invitato a «rigare dritto». A differenza di molti politici, ad iniziare dal suo collega leghista Lorenzo Fontana, Salvini non blocca chi lo critica. Anzi, sembra quasi che cerchi la polemica per aumentare il suo consenso. E così replica a tutti con ironia, senza insultare (quasi) mai. Il componente dell’equipaggio di una Ong tedesca con cresta e piercing lo definisce «rassicurante», i giornali che pubblicano articoli che non condivide «fanno tenerezza»,
Il ministro dell’Interno: «Il primo luglio parte la sperimentazione del taser per la polizia». Il segretario della Lega: «Domenica ai ballottaggi dobbiamo portare il buongoverno in tanti Comuni». Il capopopolo: «Renzi dice che lo faccio vergognare, che gli rispondiamo?». Lo sceriffo del Selvaggio Web: «Difendo gli italiani, le minacce non mi fanno paura». Il papà: «Mio figlio porta a casa la sua pagella con 9 in latino, storia, spagnolo, francese e matematica, e con 10 in condotta». Il Matteo Salvini raccontato dai (suoi) profili social ha un abito buono per tutte le occasioni. C’è un Salvini di governo. Uno di lotta. Uno di famiglia. E poi c’è «Matteo», quello che pubblica i selfie su Facebook, mostra il nuovo taglio di capelli («Estivo») su Twitter, comunica su Instagram che a cena mangerà pizzoccheri («Anche se è mezzanotte e non dovrei») con tanto di foto del piatto.
È una mole impressionante di annunci, slogan, promesse e critiche quella che il «Capitano» riversa ogni giorno sui social e indirizza ai 785.000 follower di Twitter, ai 2 milioni e 600 mila di Facebook e ai 292.000 di Instagram (dove, per inciso, segue una sola persona: Elisa Isoardi). Certo, per uno che già fa il vicepremier, il ministro dell’Interno e il segretario della Lega trovare il tempo non deve essere facile. Però lui ci riesce. Eccome.
Il 17 giugno, ad esempio – tra un confronto con i collaboratori del Viminale e un occhio all’organizzazione del partito – Salvini riesce a twittare alle 9.15 («Certa gente mi fa solo pena»), alle 12.01 («Aquarius approda in Spagna»), alle 12.22 («In diretta da Seregno»), alle 14.38 («Io non mollo»), alle 18.26 («Appuntamento a Pontida il primo luglio»), alle 18.27 («In diretta da Cinisello Balsamo»), alle 20.26 («La Germania ha perso? Peccato»), alle 21.02 (durante la trasmissione Non è l’Arena), alle 21.07 (sempre ospite di Massimo Giletti su La7), e poi ancora alle 21.08, alle 21.09, alle 21.10, alle 21.11, alle 21.13, alle 21.16 e alle 21.17. Alle 21.26 un altro tweet da Sondrio, poi alle 22.30 passa su Facebook e pubblica un post contro Matteo Renzi. Sempre da lì, alle 23.57, dà la «buonanotte» ai suoi follower. Poi tocca ai pizzoccheri: su Instagram, questa volta.
In mezzo (e prima e dopo), decine di scontri social con i suoi avversari. Un modo di polemizzare diretto simile a quello dell’ex ministro Carlo Calenda (che però è costretto a farlo soprattutto con i suoi compagni di partito), ma che non è comune nelle arene virtuali se dall’altro lato della tastiera c’è un ministro dell’Interno.
«Una campagna elettorale permanente» – la definisce uno studio sui modelli di community su Twitter pubblicato su Viralbeat – e ispirata alla «logica della controversia» (a differenza, ad esempio, della «logica dell’interazione» di Beppe Grillo e della «logica della petizione» di Matteo Renzi). Ma la «strategia del post» – oltre ai consensi – assicura a Salvini anche un risultato più strettamente politico, ché gli consente spesso di anticipare e scavalcare i suoi alleati dettando la linea al governo. È accaduto, ad esempio, per il caso della nave Aquarius: il tweet #Chiudiamoiporti ha costretto il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (cui in realtà sarebbe spettata la decisione) a inseguire Salvini. Certo, qualche giorno dopo è stato comunicato che i porti non erano mai stati chiusi. Ma la nave con i migranti, a quell’ora, era ormai già in viaggio verso la Spagna.