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 2018  giugno 20 Mercoledì calendario

Gli oceani al di là della Terra

Venere, Marte, la Terra. Oggi resta lei, ma in passato anche gli altri due sono stati Pianeti Blu. Accadeva «all’incirca 800 milioni di anni fa», racconta Jim Green, «chief scientist» della Nasa. «Avevano tutte le caratteristiche per ospitare la vita». Gli oceani d’acqua liquida, come quelli che ci sono familiari, ricoprivano vastissime zone, finché due catastrofi li hanno colpiti e, rapidamente, hanno perduto il magico «bollino blu». Di quei due Eden alternativi al nostro restano vaghe tracce e poveri indizi.
Venere implose in un apocalittico effetto serra che l’ha reso inabitabile, così come Marte vide svanire i suoi mari e la sua atmosfera, diventando il deserto gelido di oggi. «Ciò che è successo là potrebbe, un giorno, avvenire sulla Terra – ammonisce Green durante una conferenza stampa a margine di Unispace 50, il primo meeting sullo spazio organizzato a Vienna dall’Onu -. Ecco perché studiarli è importante per noi e per il nostro clima. Che cosa ha scatenato il riscaldamento di Venere? E che cosa ha causato la perdita del campo magnetico di Marte?».
La Terra – nelle parole di Green – appare come non siamo abituati a pensarla. Come un sopravvissuto nella travagliata storia del Sistema Solare. Fortunato, eppure a rischio. Sui tempi brevi degli umani e su quelli lunghissimi della geologia. Il riscaldamento globale accelerato è sotto gli occhi di tutti i terrestri (a parte qualche ostinato negazionista) e, sebbene non abbiano lo stesso impatto mediatico, le oscillazioni del campo magnetico attirano l’attenzione – e la preoccupazione – degli scienziati. Il nostro Pianeta Blu è più fragile di quanto abbiamo creduto finora.
Ecco perché la Nasa non smette di tenerla sotto osservazione con i suoi satelliti e allo stesso tempo intensifica le ricerche di altri luoghi potenzialmente ospitali e della vita «al di fuori della Terra. La domanda fondamentale è la seguente: siamo soli?». E aggiunge subito: «Da 15 anni con gli astrobiologi cerchiamo di definirla». Un’impresa al limite, da cui sono emerse tre caratteristiche certe: «metabolismo, riproduzione, evoluzione». Ma – dice Green – l’effetto dell’esplorazione resta sconcertante. «A parte l’individuazione di alcuni elementi-chiave non abbiamo ancora gli strumenti per scoprire davvero la vita». Così ci si concentra sull’ingrediente più semplice e universale, l’acqua. Che è più diffusa di quanto si credesse. Congelata su Marte e in forma liquida sotto le croste ghiacciate di Encelado (una delle lune di Saturno) e di Europa (che orbita intorno a Giove).Se il rover «Curiosity» semina euforia, dopo aver individuato la presenza di molecole organiche sul Pianeta Rosso, la Nasa prepara nuove missioni. Come «Clipper», il robot che perforerà i ghiacci di Europa. E un giorno – aggiunge Green – altre sonde si spingeranno fino ad altre lune, quelle, ancora più lontane e non meno promettenti, di Urano e Nettuno. Ma la vita potrebbe prosperare anche sulla superficie di Titano, intorno a Saturno. «Là ci sono interi mari e cicli di nuvole e piogge. Di metano». Un brodo perfetto per batteri «titanici», totalmente diversi da quelli che conosciamo qui sulla Terra.