La Stampa, 20 giugno 2018
Pat Metheny: «Io e mio fratello Pino stavamo lavorando a disco e tour insieme»
Dal 24 al 26 luglio il Parco della Rocca Borromea di Arona ospiterà l’Arona Music Festival. In cartellone Yellowjackets e The Italian Trio - Dado Moroni al pianoforte, Rosario Bonaccorso al contrabbasso e Roberto Gatto alla batteria - e Pat Metheny, che il 25 si esibirà con Antonio Sanchez alla batteria, la bassista malese Linda May Han Oh e il pianista britannico Gwilym Simcock.
Metheny, lei continua a ridefinire il concetto di jazz applicato alla chitarra.
«Il mio amico Steve Rodby mi ha descritto meglio di chiunque quando ha detto che sono “Compulsivamente produttivo”. Una cosa che ho sempre ammirato dei musicisti jazz è che trovano un’intersezione tra idee nuove e un linguaggio che è solo loro. Ho sempre aspirato a quell’ideale».
Nel corso degli anni ha suonato con Steve Reich, Ornette Coleman, Herbie Hancock, Jim Hall, Milton Nascimento, Charlie Haden, David Bowie, Michael Brecker, Brad Mehldau.
«Se guardate la lista dei musicisti con cui ho lavorato, avete anche una lista dei miei musicisti preferiti. Di quegli artisti sono stato prima fan e poi collaboratore. Inoltre, quando amo molto una musica voglio capire esattamente come funziona. E questo spesso apre la possibilità di fare musica insieme».
Tra queste stelle c’è anche Pino Daniele con il quale, nel 1995, ha fatto un tour memorabile. È vero che pensavate a un altro tour insieme?
«Ci stavamo pensando seriamente, anche a qualche incisione. Sarebbe stato fantastico. Pino mi è sempre piaciuto, personalmente e musicalmente. Era una persona e un musicista speciale e poi ha rappresentato Napoli nel mondo in modo sorprendentemente musicale. Quando ho sentito per la prima volta la sua musica ho riconosciuto un fratello. Era facile per noi suonare insieme e molto divertente».
A 18 anni è stato il più giovane insegnante all’Università di Miami. A 19 il più giovane insegnante al Berklee College of Music. È importante trasmettere la conoscenza?
«Ero un insegnante “ufficiale” molto tempo fa. La maggior parte della vita l’ho spesa a suonare, registrare, sperimentare. Il mio obiettivo era far sì che gli studenti raggiungessero un livello di professionalità tale da suonare e improvvisare. Ciò che hai imparato in anni di esperienza non può rimanere solo tuo».
Ha vinto tutti i premi, anche venti Grammys in diverse categorie. Il Pat Metheny Group ha vinto sette Grammys consecutivi e dal ’74 siete in tour con una media di 120-240 spettacoli l’anno. Qual è il suo bilancio?
«Ho ottenuto premi e riconoscimenti e ho avuto la fortuna di suonare con i migliori musicisti del mondo. Mi sento incredibilmente fortunato per questo, ma se veniste a casa mia non vedreste un premio: conta solo cosa farò domani».
Da 35 anni lavora con il tastierista Lyle Mays. Siete come Lennon con McCartney, o Ellington con Strayhorn.
«Sono un bandleader, il che significa prima comporre musica per stabilire una direzione e poi mettere insieme la giusta combinazione di persone per arrivare dove mi interessa. Con Lyle c’è un’intesa superiore. Quella che hai con chi è sempre stato al tuo fianco, ti ha guidato, si è fatto guidare. Che devo dire di più»?