La Stampa, 20 giugno 2018
Duemilaottocento Salvini
Il primo Salvini è sbarcato a New York nel 1873 dalla nave Europe. Anzi, la prima Salvini: era una donna, si chiamava Tomass (ma magari è un errore dell’anagrafe di Ellis Island). Aveva 46 anni e si sa solamente che era italiana. Ne sono seguiti altri 254, tutti Salvini a cercare scampo in America, un Salvini via l’altro. Un Giorgio Salvini, milanese, 29 anni, arrivò nel 1912 sulla Prinzess Irene, un Marino Salvini, bresciano, trent’anni, arrivò nel 1905 sulla Champagne, nome che potrebbe far pensare a una crociera, ma al contrario erano traversate estenuanti. Qualcuno, specie dopo la guerra, sarà andato per affari, qualcuno di ritorno da un viaggio, però la stragrande maggioranza di quei Salvini erano migranti economici. Qualcuno avrà fatto i soldi, qualcuno meno, qualcuno è finito in galera (l’esordiente pare sia un V. Salvini arrestato a El Paso nel 1903 per aver favorito l’immigrazione clandestina di una ragazza francese). Poi c’era un Gustavo Salvini che arrivava dal Brasile, un Jean-Baptiste Salvini che arrivava dalla Francia, un Hector Maria Salvini che arrivava dall’Argentina. Migranti doppi. Sono sempre stati dei gran migranti, questi Salvini. Oggi negli Stati Uniti ci sono 342 Salvini, più di mille in Brasile, più di cinquecento in Argentina. Poveri Salvini, chissà quanti pregiudizi, quanti soprusi, quante lacrime. Ma alla fine ce l’hanno fatta. Secondo Forebears in giro per il mondo ci sono 2 mila 808 Salvini, ce ne sono in Russia, in Venezuela, in Libano, in Thailandia, in Turchia, in Giappone, in Nuova Zelanda, ovunque. Per i Salvini, i confini non esistono.