il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2018
I cinquant’anni di Yellow Submarine
Giusto cinquant’anni fa, inabissandosi per oceani tutti loro, i Beatles attraversarono acque insondabili. Il Mare del Tempo. Il Mare della Scienza. Il Mare dei Mostri. Il Mare del Niente. Il Mare delle Teste. E poi il Mare dei Buchi. C’era da raggiungere Pepperland, dove una volta era tutto bello e poi no. Colpa dei Blue Meanies, i Biechi Blu, umanoidi non poco bruttini con stivalacci alti, che secondo alcuni erano stati pure responsabili del crollo di Pompei. Se i Biechi portarono nel Paese di Pepelandia desolazione e distruzione, i quattro Fab Four riportarono la pace. La gioia. E financo la buona musica. Un trionfo tale che perfino i Biechi Blu si lasciarono intortare da tutta quella melassa, unendosi nel concerto finale proprio ai Beatles, in un ostentatissimo lieto fine con tanto di guest star dotto-clownesca: l’“uomo inesistente”, chiamato “Geremia” nella versione italiana. Yellow Submarine, il film di animazione diretto da George Dunning, compie mezzo secolo. In Inghilterra e Irlanda, completamente restaurato, il film tornerà pure sulle sale a luglio. In Italia l’editore Gallucci ha appena pubblicato due libri, intitolati entrambi Yellow Submarine. Un albo illustrato e un pop-up a fisarmonica, con i disegni originali di Heinz Edelmann e i testi della band di Liverpool. La traduzione è stata affidata a Franco Nasi, già traduttore di Roger McGough, il poeta collaboratore dei Beatles che ha lavorato anche alla realizzazione del film. La forza principale della pellicola risiede ancora nella tecnica che si discosta profondamente dallo stile Disney. L’animazione non insegue il realismo, quanto piuttosto lo psichedelico. Soprattutto la sequenza che riguarda Lucy in the Sky with Diamonds. Fu un film molto impegnativo per Dunning. Ci lavorò undici mesi, sovrintendendo a più di duecento artisti. Prodotto da Gran Bretagna e Canada, l’opera contiene quindici brani dei Beatles. Nel disco omonimo, uscito a gennaio ’69 dopo il ben più importante White Album, ne vennero inseriti solo sei. Tra questi, solo quattro erano inediti: All Together Now, Only A Northern Song, It’s All Too Much, Hey Bulldog. Le altre due canzoni inserite furono Yellow Submarine, uscita due anni prima in Revolver, e All You Need Is Love, proposta come singolo nel 1967. Il lato B della colonna sonora, che vendette bene ma non benissimo, proponeva brani strumentali per orchestra, scritti e arrangiati per il film da George Martin. La canzone chiave è All You Need Is Love: l’amore inteso non solo come balsamo, ma come sentimento in grado di sconfiggere tutto. Persino i Biechi Blu, che a inizio film sono insopportabili e alla fine paiono quasi Fabio Fazio che intervista Renzi. Lungi dall’essere l’opera migliore dei Beatles, Yellow Submarine resta un momento significativo non solo per comprendere il clima dell’epoca, impastato com’era di flower power e rivoluzione, ma anche per capire come i Beatles fossero in grado di fare tutto e l’esatto contrario.
In privato cominciavano già a detestarsi, e il pressoché contemporaneo White Album sembra davvero un disco (straordinario) di un’altra band, ma in pubblico cercavano di presentarsi ancora come santi e peccatori. Detto che i due libri Gallucci sono deliziosi, resta da dire che la canzone Yellow Submarine – scritta solo da McCartney – vanta non poche particolarità. Il canto diversamente indimenticabile di Ringo Starr. Il fatto che fu il primo 45 giri che uscì prima dell’uscita del disco: fino ad allora i “singoli” uscivano dopo. L’accusa di essere stata scritta sotto gli effetti dell’LSD: McCartney, al contrario, ha sempre detto che nacque come canzone per bambini. I rumori inseriti quasi a casaccio da Lennon: campane, tamburi, parole in tedesco. Marianne Faithfull e Pattie Boyd (la Layla di Clapton) ai cori. E la coincidenza tra uscita della canzone (5 agosto 1966) e apice della polemica per la nota frase di Lennon: “Ormai i Beatles sono più famosi di Gesù”. Anche per questo non vendette uno sproposito.