Corriere della Sera, 20 giugno 2018
«Balalaika» in cerca di identità, non bastano Ilary e Belén
Già il titolo è poco originale, Balalaika. Dalla Russia col pallone, e anche in tv il buongiorno si vede dal mattino. Accanto alla diretta delle partite, accanto agli approfondimenti sportivi, era giusto che Mediaset allestisse un varietà, come del resto ha sempre fatto anche la Rai (ricordate il tremendo Grande Match condotto da Flavio Insinna per gli Europei del 2016?). Ma fare un varietà non è facile. Non basta prendere il format di Quelli che il calcio e portarlo alla sera; non basta avere i commenti della Gialappa’s Band; non basta avere Diego Abatantuono nelle vesti molto appropriate del Nientologo o Belén Rodriguez che fa a gara con Ilary Blasi nel gioco delle trasparenze. No, ci vuole qualcosa di meglio, qualcosa che dia identità allo show e faccia in modo che ogni sera non muti lineamenti, non pencoli tra la risata stenta e l’approfondimento che non c’è.
Il problema principale è la conduzione. Niente di personale con Nicola Savino, ma condurre non è il suo mestiere. Sa fare altro. Gli manca innanzitutto le physique du rôle per padroneggiare la scena (Pippo Baudo non insegna nulla?), dopo un po’ scompare, sommerso dalle risate di Ilary o dalle voci dei Gialappi che, avendo campo libero, non si trattengono. Forse, se Balalaika avesse adottato il format dell’ultimo Mai dire gol, quello condotto dal Mago Forest, avrebbe potuto salvaguardare l’intesa con i Gialappi. Almeno quella. Qui ci sono troppe voci che si sovrappongono e s’incasinano. Balalaika va in onda alle 22 dopo i match trasmessi in prima serata da Canale 5. Il pubblico si aspetta un commento tecnico? Non essendoci l’Italia non pare così essenziale.
Vorrebbe divertirsi, questo sì. Ma vedere Belén che propone il gioco dei fagioli di Raffaella Carrà (al posto dei legumi ci sono delle matrioske) non fa ridere o invitare Pupo, perché ha successo in Russia, non pare essere un’idea molto originale. Gli ascolti non mentono.