il Giornale, 20 giugno 2018
Per Sgarbi il censimento degli zingari non è scandaloso
A parte sinistra, figli dei fiori, drogati, fricchettoni e altri déracinés, è ora di dire la verità sul censimento degli zingari (perché chiamarli rom? Qual è la differenza? Nel 1525 si parla della «cingana» nella «Tempesta» di Giorgione. Dobbiamo cancellare la lingua italiana?).
Dicono che Salvini sia pentito. Non ci credo. Partiamo da un assunto, che vale per tutti, a garanzia nostra e degli altri: la responsabilità penale è personale. Chiunque arriva in un Paese, in aereo, in treno, in automobile, a piedi, ha documenti d’identificazione, passaporti o carte d’identità. Possibile che persone che vivono in Italia non siano identificate? E perché discriminarle? Non identificarli è discriminarli. Perché siano uguali, davanti agli uomini e alla legge, occorre fare lo stesso con gli italiani e gli stranieri (rom o altri). Non mi pare difficile da capire.
Non sono forse censiti, intercettati, controllati, inseguiti da Equitalia, bollette, tutor, gli italiani? Non sono forse già «censiti» gli italiani? Perché non censire anche i rom? Sarebbe bello sfuggire, restare anonimi e sparire. Anch’io vorrei non essere censito. Invece siamo controllati. Solo perché italiani? E c’è qualcuno che può permettersi di non esistere? Siamo discriminati, in quanto italiani, e identificati a nostro danno? E, se la responsabilità penale è individuale, come accertarla se non siamo «censiti»? Qualcuno, in quanto non censito, può proclamarsi irresponsabile?