Il Messaggero, 20 giugno 2018
Bottura è di nuovo il re degli chef del mondo
Massimo Bottura sul tetto del mondo. Lo chef dell’Osteria Francescana di Modena ritorna (come nel 2016) sul gradino più alto della World’s 50 Best Restaurants, la classifica dei ristoranti più importanti al mondo. Al secondo posto El Celler dei fratelli Roca in Spagna, al terzo Mauro Colagreco, argentino di origini italiane con ristorante a Mentone e sous chef italiano, Antonio Buono. Solo quarti i vincitori dello scorso anno, gli americani di Eleven Madison. Ma ieri notte il primo applauso chiamato da William Drew, l’organizzatore, era stato per Anthony Bourdain, Gualtiero Marchesi e Paul Bocuse, «figure chiave che abbiamo perso negli ultimi mesi». Poi il via del conto alla rovescia, concluso con la vittoria di Bottura.
LA RISALITA
Così gli altri italiani: i fratelli Massimiliano e Raffaele Alajmo delle Calabre di Padova hanno scalato sei posizioni (da 29 a 23); Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba ha perso una posizione; infine, gran bella soddisfazione per Niko e Cristina Romito, i due fratelli che si sono fatti le ossa partendo dall’Abruzzo ora con ristoranti a Roma e Milano: il loro Reale di Casadonna è stato promosso dal 43esimo posto al 36simo. Clare Smyth di Notting Hill a Londra è la più brava chef donna al mondo. Il premio Arte dell’Ospitalità, voluto dalle cantine Ferrari di Trento è andato a Geranium di Copenhagen. A consegnare l’ambito titolo sono stati i cugini Matteo e Camilla Lunelli.
Nell’albo d’oro delle 16 edizioni, l’Italia con Bottura ha vinto due volte, sette volte gli spagnoli, anzi i catalani (4 volte il Bulli di Adrià, 2 volte El Celler dei fratelli Roca), 4 volte i danesi, anzi il Noma di Renè Redzepi, 3 vittorie agli americani (The French Laundry nel 2003 e 2004 e lo scorso anno l’Eleven Madison), una volta inglesi (Fat Duck).
Insomma un vero campionato mondiale dove però, nonostante la competizione, c’è grande amicizia. Daniel Humm, Massimo Bottura e Joan Roca (primo, secondo, e terzo nel 2017) qualche ora prima della serata di gala avevano pubblicato un loro selfie scrivendo: «Eccoci ancora qui. Ci contendiamo i gradini più alti da tanto, ci siamo scambiati le posizioni negli anni, è stato fantastico ispirarci l’un l’altro e la parte più bella è che siamo diventati veri amici».Va così in archivio l’edizione numero 16 della più autorevole quanto controversa classifica del top della ristorazione mondiale. Se ne parla male, ma se ne parla, anche perché è l’unica ad essere citata da tutti i giornali del pianeta. Raccolti dalla rivista inglese Restaurant Magazine, i 10 voti di ciascuno dei 1040 esperti (giornalisti, critici, sommelier, produttori) decretano il successo di questo o quell’altro ristorante. La polemica nasce dal fatto che i giurati non devono dimostrare di essere stati davvero nel ristorante votato e che quindi possono anche decidere di fare cartello per avvantaggiare questo o quello chef. Inutile dire che anche gli sponsor San Pellegrino in testa sono molto autorevoli e c’è chi sostiene che hanno fin troppo peso nell’accompagnare alcuni giurati a visitare un ristorante piuttosto che un altro. Tra i motivi di polemica anche i prezzi assolutamente proibitivi dei ristoranti premiati. Solo per sedersi all’Eleven Madison Park di Daniel Humm di New York, vincitore dello scorso anno, volano via come minimo 500 dollari. E gli altri non sono da meno.
IL PIATTO CASUALE
Per 14 anni, dalla prima finale del 2002, la proclamazione si è svolta a Londra, spostandosi nel 2016 a New York, lo scorso anno a Sidney, arrivando infine quest’anno al Palacio Euskalduna della città basca di Bilbao. Poco prima della proclamazione dei best 50, Massimo Bottura era stato ieri sera uno dei mattatori del 50BestTalks, al Basque Culinary Center a San Sebastian, uno dei santuari mondiali della moderna cucina. Attorno al tavolo c’erano i vincitori delle ultime edizioni, cioè il gotha mondiale dell’alta cucina, sul tema Il cibo incontra l’arte. «Lo chef ha spiegato Bottura non è un artista, ma un artigiano ossessionato dalla ricerca della qualità. Che non è solo qualità degli ingredienti ma anche delle idee». E ha raccontato uno dei suoi piatti più celebri, nato quasi casualmente per essere scivolato dalle mani di un collaboratore, tanto da chiamarlo Hopps, ho lasciato cadere la torta al limone. «Nell’arte l’errore è visto come opportunità, ma devi avere gli strumenti per vedere e capire queste opportunità».