La Stampa, 19 giugno 2018
Armani, doppiopetto da spiaggia, da portare come un bomber, a torso nudo
Dimenticatevi il doppiopetto rigido e tronfio da «cumenda», e provate a sintonizzarvi sulle frequenze armaniane. Troverete lo stesso capo in versione fluida e democratica. «Ho preso quella giacca destinata alle occasioni formali e l’ho svuotata, alleggerita, ammorbidita – spiega Giorgio Armani – In modo che diventasse più duttile e disinvolta e potesse prendere il posto del bomber. Da sfoggiare anche in spiaggia con i bermuda». Magari a torso nudo, vedi i modelli in pedana, che la portano come un cardigan, il vezzo di un piccolo foulard annodato al collo e l’aria scanzonata.
Certo ci vuole un fisico scattante come quello dei ragazzi arruolati da Armani che – a differenza di tanti altri stilisti – non ne sceglie mai neanche uno bruttino. Fighissimi dal primo all’ultimo, con torace scolpito ad hoc. «Belli da vedere eh? D’altronde al mare mica ci vai in camicia e cravatta...», dice. Al massimo puoi mettere una T-Shirt dalla stampa nuvolata. O un bel gilet, sempre a pelle, con l’abbottonatura alta, tipo i panciotti rastremati Anni Trenta che ridisegnavano il busto.
Un capo per tutti
Con questa operazione di ringiovanimento totale, il doppiopetto entra in una seconda vita, più libera a gentile. Perde l’aggressività da indumento di potere e diventa portabile. Addirittura in fluida versione smoking abbinato a morbidi calzoni in seta dalla fantasia astratta. I pantaloni hanno il risvolto, oppure sono chiusi in fondo da un bordo in maglia.
«Guardando gli indossatori prima della sfilata mi sembravano quegli operai che usano la giacca vecchia perché si sentono più vestiti. Il bello, che rende reale e accessibile a tutti questo capo sta proprio in un po’ di trasandatezza», sottolinea Armani, che ancora una volta, con minime rivoluzioni, reinventa un guardaroba universale. Come sempre il segreto sta negli equilibri fra buon gusto e il piacere di declinarlo con un dna sportivo.
Magia degli opposti
Nel gioco degli opposti che si attraggono, ecco che dalla semplificazione di quella giacca Anni 80 si passa alla sublimazione del denim, con camicie e pantaloni di jeans che perdono l’aspetto povero per diventare super sofisticati. Con il tocco di un cappello da gaucho e gli occhiali da sole scurissimi l’effetto bel tenebroso è garantito. Dal bianco gesso agli intramontabili greige, dagli azzurri ai verdi, la sinfonia dei colori parla di un’estate fresca. Sigillata da un nuovo logo ripescato dagli Anni 80, con linee arrotondate.
Chiamatemi solo Giorgio
E alla fine, fra un boato di applausi, esce in passerella un ragazzo in maglietta blu con la scritta «Gorgeus Giorgio» (citando lo storico articolo di Time che nel 1982 lo incoronava re della moda). «Tutti mi chiamano signor Armani, ma alla mia età posso dare più confidenza alle persone. Chiamatemi solo Giorgio». La classe non è acqua.
Angeli e demoni
Anche Fendi, seppure con un linguaggio totalmente diverso, fa convivere gli opposti. I santi con i peccatori, il bene e il male, i materiali poveri con quelli preziosi. E ha chiesto all’artista Nico Vascellari di disegnare una serie di fantasie graffianti. Si parte da quelle con demoni e serpenti dalle «F» biforcute e si arriva agli anagrammi dove Roma diventa Amor e Fendi Fiend (piccolo diavolo).
Divertenti le stampe delle carte da gioco riviste con ironia (Fendi è il re, Silvia Venturini la regina, Karl Lagerfeld il jolly). Nel gioco del dualismo rientrano a pieno titolo i giubbotti mix di pelle e carta doppiata di visone logato e intarsiato; i bermuda con grembiule. Il nero per la prima volta imperversa su magliette e parka in rete, ma è acceso da lampi di rosso. Non mancano i classici marrone, senape e beige. La nuova borsa è la Peekaboo X-Lite dilatata e ammorbidita.
La nuova sensualità
C’è bisogno di tradurre con un linguaggio contemporaneo la voglia di sensualità maschile, più dolce e rilassata rispetto al passato. Alessandro Dell’Acqua per la sua N°21 è bravo a captare i desideri dei consumatori ancor prima che loro li abbiano messi a fuoco. «Mi sono tuffato nelle atmosfere del sud, ho immaginato Cuba, con i suoi tramonti, e li ho trasportati su camicie in popeline con la foto di una spiaggia nel taschino di vinile trasparente», dice lo stilista che veste i ragazzi con bluse aperte, begli impermeabili trasparenti impunturati e pantaloncini corti da intercalare a quelli lunghi dal taglio impeccabile. Le giacche sono sfoderate, pesano come un fazzoletto ma hanno l’aria ordinata. L’insieme è un formale riscritto con molta fantasia. «Speriamo che la mania dello sportswear e dello streetwear sia agli sgoccioli – dice Dell’Acqua nell’ultimo giorno di Milano Moda Uomo – dobbiamo tornare a fare vestiti e non felpe». E lui sa come si fanno.