La Stampa, 19 giugno 2018
Allagamenti, afa, malori: nella tendopoli di Bari dove la giustizia si arena
La scena è quella di un terremoto, con i tendoni montati dalla protezione civile, una folla di facce disperate che si aggirano sotto il sole a picco, fogli di carta appesi a pali di fortuna dove si danno sommarie indicazioni e informazioni sul da farsi. Qui a tremare, però, non è la terra, ma la giustizia, costretta ad accamparsi per continuare a svolgere la sua funzione.
Il Tribunale penale di via Nazariantz, sede della Procura, incombe sulle tende con funzione di “aule” ed è inagibile a causa delle fondamenta costruite in violazione delle norme e anche dei materiali usati per la sopraelevazione. A oggi «non sussistono le condizioni» per restare in un palazzo «costruito su calcare e argilla», dice la relazione arrivata a maggio sul tavolo del procuratore Giuseppe Volpe. Il rischio è che il palazzone di cemento “disarmato” si afflosci come un castello di carte da gioco. E allora sembra alquanto bizzarro che i dipendenti, solo loro, possono entrarvi e lavorare, ipotecando la loro pelle. Una storia di ordinaria follia e abusivismo se non fosse che adesso a rischio crollo non sono solo le mura del palazzo, ma la giustizia stessa. Una “morte” annunciata anche dalla vista che gode questo singolare accampamento: sul cimitero.
La pacchia per i delinquenti
In attesa che una gara stabilisca una nuova sistemazione tra le sei offerte arrivate ci si arrangia. I processi con detenuti si svolgono nell’aula bunker di Bitonto, qui sotto i tendoni ci sono solo udienze di rinvio per processi senza detenuti. Ossia il 95 per cento del totale. Ogni mattina si lavora dalle 8 alle 11, quando il caldo diventa soffocante. E i rinvii delle udienze sono in media a sei mesi.
Una pacchia per i delinquenti che attendono così serenamente la prescrizione dei reati per cui sono sotto processo. Una sconfitta per chi la criminalità la combatte ogni giorno in trincea in un territorio popolato da 16 clan di criminalità organizzata. E sempre sul tema «impuniti» non si può non ricordare che i costruttori che hanno dato inizio a questa storia, a processo per truffa e frode, hanno avuto i reati prescritti in appello.
Quindi tutti sotto al tendone, come fosse un grande circo, con una raccomandazione speciale alle donne: giù dai tacchi. Perché, come ha spiegato l’ingegner Giuseppe Tedeschi, responsabile della Protezione civile regionale, l’abbigliamento deve essere consono alla situazione. Meglio le ballerine sui pavimenti traballanti e troppo morbidi dei tendoni.
La protesta degli avvocati
«Non ci si può credere», dice Laura, praticante legale, arrivata a rinviare un’udienza. «Anche se venerdì scorso avrebbero dovuto consigliare l’uso delle pinne». Eh si, perché ci si è messa pure la bomba d’acqua a peggiorare le cose e ad allagare le tende. E quindi venerdì mattina tutti di corsa fuori dalle tende trasformate in piscina, e di nuovo dentro al Tribunale a fare udienza nell’atrio. Si proprio quello inagibile a rischio crollo. Una farsa? «No una tragedia», dice Giovanni Stefani, presidente degli avvocati di Bari che rinnova un appello al governo e al ministro della Giustizia: «Fate presto, agite con la decretazione d’urgenza».
Il tempo è poco, visto che il 30 agosto nessuno potrà più accedere a via Nazariantz. Mentre i tempi per la scelta di una nuova sede sono decisamente più lunghi. «Ecco perché è necessario procedere con una decretazione d’urgenza», dice l’avvocato Stefani. «D’altronde l’emergenza è evidente come anche il fatto che questa situazione comporta sicuramente un problema che riguarda la pubblica sicurezza». In cui non si può ignorare il «regalo prescrizioni» fatto alla criminalità organizzata.
Un’unica linea tra avvocati, funzionari amministrativi, magistrati e il sindaco di Bari, Antonio Decaro, espressa in coro al neo ministro della Giustizia Alfondo Bonafede che ha scelto Bari per la sua prima visita ufficiale: non c’è tempo per le procedure ordinarie. Il Guardasigilli aveva assicurato: «valuterò nelle prossime ore, ma no al commissariamento». Era il 7 giugno.
L’arte dell’arrangiarsi
In cerca di una soluzione definitiva si procede con l’arte dell’arrangiarsi. Così la procura si sposterà in un palazzo qui vicino mentre gli altri uffici giudiziari prenderanno la direzione Modugno, paesone nella prima cinta metropolitana.
Una dispersione che non sta bene né a ai magistrati, né agli avvocati e nemmeno agli altri lavoratori del Tribunale, «perché costringe tutti a perdere tempo prezioso e ad allungare ancora i tempi della giustizia», dicono in coro in questa tendopoli governata dalla dea bendata. Che rischia di diventare cieca se qualcuno non le troverà in tempi brevi una casa.