la Repubblica, 19 giugno 2018
Caro tema come ti scrivo?
Su, ragazzi, vi prego, non fate quelle facce. Non vi chiedo di darmi retta, ma solo di riservarmi un po’ di “empatia”, come si usa dire di questi vostri tempi. In fondo ho il vostro stesso problema: riempire un foglio bianco.
Così, cara ragazza e caro ragazzo che cominciate a sviluppare qualche ansia a proposito dell’imminente prova d’italiano dell’esame di Stato già detto maturità, aiutatemi ad aiutarvi e, per esempio, ditemi: nella vostra carriera non scolastica bensì umana e affettiva avete già incontrato consigli per come comportarvi con una persona che vi attrae? Sii te stesso; no, fingi di essere diversa; sii brillante e intraprendente; ai ragazzi piace una bellezza non appariscente, alle ragazze piace l’intraprendenza, i ragazzi vanno pazzi per le forme prorompenti, le ragazze guardano solo i muscoli, falla ridere, stupiscilo… Un guazzabuglio di indicazioni in tante direzioni, troppe, tutte.
Tutte le direzioni possibili, e nessun senso. Tanto vale fare come viene, come infatti farete e fareste a ogni vostro prossimo appuntamento. Con la prova d’italiano dell’esame di Stato non è molto diverso e finirà che vi comporterete così, quale sia l’analisi, il saggio, l’articolo, il tema che finirete per scegliere.
La differenza fra la mia condizione e la vostra è che il mio compito non me lo sono potuto scegliere, io. Devo parlare delle parole che a voi conviene usare e quelle che a voi conviene non usare all’esame di Stato, prova di italiano. Io ho già impiegato “empatia”: ecco, quella è una parola di moda. È ritenuta convenientemente suggestiva. Se avete la fama di secchioni potete anche abbinarla a “neuroni specchio”, non mi pare che a livello di scuola superiore si sia già capito che è un abbinamento poco sensato. Vi consiglierò di usare parole di moda, o no? Di mio io vi direi di limitarvi strettamente a parole di cui conoscete bene il significato, anche solo per averlo appena controllato sul vocabolario (che immagino vi lascino ancora consultare). Ma non so garantire neppure a me stesso che questo sia un consiglio utile per aver successo nella vita. È più una norma igienica, diciamo così.
Allora dovrei forse consigliarvi di badare alle cose che più scandalizzano i commentatori inaciditi dei social network: i congiuntivi mancati, innanzitutto; e poi i “qual è” con l’apostrofo, i “piuttosto che” pervertiti, le “a” preposizione con l’acca e quelle verbo senza… Ma se queste cose non le sapete già significa che non sono state necessarie per arrivare sino all’ammissione all’esame di Stato. È improbabile che diventino improvvisamente necessarie per superarlo.
State attenti alla posa oratoria che prendete, quello sì. Andateci piano con la prima persona, cioè non seguite il pessimo esempio che io vi sto dando con questo articolo.
Evitate certi termini impacciati, come il pronome “egli”, che oramai si trovano soltanto nelle scritture scolastiche («Egli scrisse la sua opera…»), a volte anche in forme bizzarramente innovative («L’opera di egli…»).
Fate giocare all’ansia che provate il ruolo di arbitro della vostra ancor più naturale disinvoltura: scrivete come viene; poi rileggete come se non foste l’autore del testo.
Egli ha prodotto uno scritto che denota preparazione? Sa esprimersi con chiarezza e profondità?
Darvi consigli univoci è molto difficile. Tutto dipende.
Scrivete “implementare” e un commissario può compiacersi della vostra dimestichezza con il gergo tecnocratico; un altro invece può rimproverarvi il cedimento verso le mode anglobarbariche… Esistono, certo, spassosi manuali che vi insegnano a essere sintetici ma non schematici, intriganti ma non ambigui, chiari ma non banali e vi raccomandano a non dire “recarsi” ed “effettuare” al posto di “andare” e “fare”.
Poi incocciate nel commissario che ritiene sciatto il verbo “fare” (e del resto è proprio quello che vi è stato insegnato dalle elementari) e così avrete effettuato la frittata.
La vera regola da seguire è riuscire a mettersi nella posizione nella quale tutti gli errori passano inosservati, siano svarioni grammaticali o anche solo cadute di gusto molto vistose. Se conoscere e rispettare le norme igieniche di scrittura non vi serve per stare bene e tranquilli con voi stessi e la vostra scrittura, non può servire ad altro. Che il Miur ve la mandi buona, ragazzi.