la Repubblica, 19 giugno 2018
Tela pronta al decollo, così anche i ragni volano
Anche i ragni, nel loro piccolo, volano. Grazie a una quasi invisibile vela da parapendio in nanofibre, che li può trasportare anche per centinaia di chilometri e fino a raggiungere un’altezza di 4.500 metri. È il comportamento detto ballooning, rimasto misterioso nella sua dinamica nonostante fosse stato notato già nel 1832 da Charles Darwin, che lo descrisse così: «Ho visto piccoli ragni che, una volta arrampicatisi su una sporgenza, innalzano l’addome, producono un filo e veleggiano via orizzontalmente, ma con velocità inspiegabile».
«Come facessero certe specie di ragni, per esempio quelli del genere Xysticus, a volare è stato un enigma a lungo, perché le fibre che il ragno usa come parapendio sono invisibili all’occhio umano: hanno uno spessore di 200 nanometri, mentre lo spettro della luce visibile ha una lunghezza d’onda da 400 a 700 nanometri. Si era capito che il volo fosse permesso da queste fibre, ma si riteneva fossero poche, 4-5, e non più lunghe di un metro: insufficienti per una “vela”», spiega Moonsungh Cho, ricercatore all’Istituto di biotecnologia dell’Università di Berlino e autore dello studio appena pubblicato su Plos Biology. «Così in passato sono state elaborate teorie curiose, ad esempio si è ipotizzato che la carica elettrostatica sulle fibre potesse tenere il ragno in aria interagendo con il campo elettrostatico dell’atmosfera».
Ora si è compreso che la realtà è diversa: le fibre prodotte, in soli 5-6 secondi, sono almeno 50-60 (lunghe fino a 4,5 metri) e sufficienti a produrre una vela triangolare.Moonsungh Cho lo ha scoperto in due esperimenti: in laboratorio, usando una galleria del vento, e poi all’aperto, nello stesso parco Lilienthal di Berlino dove Otto Lilienthal a fine Ottocento sperimentò con successo i primi alianti.
«Questi ragni si comportano proprio come dei piccoli parapendisti», racconta Cho.«Saliti su una postazione elevata, alzano una zampa e saggiano il vento e la presenza delle correnti ascensionali adatte (con velocità compresa tra 0,1 e 0,5 metri al secondo) necessarie a un decollo sicuro.
Se la velocità del vento li soddisfa – deve essere tra 1 e 3 metri al secondo – posizionano l’addome in direzione del vento e producono la loro “vela” con le stesse ghiandole che usano per avvolgere le prede».Segue il decollo: «Si assicurano con un filo doppio alla base di partenza, e continuano a produrlo per 2-5 metri mentre sono in volo. Poi il filo, che ha la stessa funzione della corda degli alpinisti, si spezza», spiega Cho.
Sembrano intenzionali, mentre sono comportamenti istintivi, affinati in milioni di anni dai meccanismi ciechi dell’evoluzione. Però non c’è nulla di causale: «Sono tutte azioni consequenziali», sottolinea Cho. «L’analisi statistica ci dice che l’atto di saggiare il vento attraverso la zampa è correlato al sollevamento dell’addome. E che posizionare l’addome è correlato alla produzione della vela».
Aviotrasportarsi, del resto, ha una precisa logica per i ragni: «Lo fanno soprattutto gli esemplari di Xysticus appena nati: dalle uova escono tutti insieme centinaia di ragnetti voraci, e il rischio di essere cannibalizzati se non ci si allontana subito è alto». Per i ragni adulti, invece, il volo a vela è utile a disperdersi e formare nuove colonie in ambienti più ricchi di risorse e di partner. Con un volo a vela “nanotech” che è molto diverso da quello tipico in natura: «Gli insetti e gli uccelli si sostengono in volo grazie ai vortici che creano battendo le ali: fanno leva sulla forza inerziale del flusso d’aria», precisa Cho. «Le fibre nanometriche del ragno, invece, sfruttano la forza viscosa dell’aria: per quei fili così sottili l’aria è viscosa come lo sciroppo e, una volta tirati su da una corrente ascensionale, li sostiene. È la somma di questi effetti microscopici sulle tante fibre della vela a far volare il ragno». Dopo un invidiabile check-in di cinque secondi.