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 2018  giugno 19 Martedì calendario

M5S, effetto Rimborsopoli: scontrini addio, ora c’è il prelievo fisso

Scontrini addio. Dopo lo scandalo dei bonifici taroccati che tanto imbarazzo ha creato in campagna elettorale, un altro dei cavalli di battaglia del M5S va in soffitta: la pubblicazione online di ricevute e fatture in base alle quali calcolare la restituzione volontaria di parte dello stipendio.
Ora che il partito di lotta s’è fatto di governo, si cambia. Il prelievo diventa fisso. E si aggirerà attorno ai 2mila euro mensili. Ovvero, meno di metà indennità parlamentare ( pari a circa 5.200 euro netti). A cui va aggiunto l’obolo di 300 euro che ciascun eletto deve destinare all’associazione Rousseau. Diaria e rimborsi relativi all’esercizio del mandato restano invece invariati.
Le nuove regole che i grillini di governo si accingono a varare sono state anticipate ai deputati dal capogruppo Francesco D’Uva. Una svolta necessaria: «Ci pensate a ministri, vice e sottosegretari che raccolgono gli scontrini e fanno di conto per restituire il non speso?», dicono ai piani alti dei 5S. Maturata dopo l’ingresso a Palazzo Chigi per evitare nuovi incidenti di percorso e altrettante espulsioni. Rischiose soprattutto a Palazzo Madama, dove i numeri per la maggioranza sono risicati. Nel febbraio scorso, a seguito della Rimborsopoli grillina, furono infatti sette i candidati “furbetti” allontanati da Luigi Di Maio, risultati eletti e dunque costretti a iscriversi al gruppo Misto: cinque deputati e due senatori.
In attesa delle nuove regole, le restituzioni che nel quinquennio precedente hanno alimentato il Fondo delle piccole e medie imprese, sono però in stand by. E se il beneficiario potrebbe infine cambiare, resta confermata l’istituzione di un conto corrente intermedio dove far confluire le restituzioni prima di essere “girate” al Fondo. Obiettivo: consentire i controlli inesistenti nella scorsa legislatura, quando alcuni parlamentari finirono per tenersi parte dello stipendio dichiarando il falso, prima inviando i bonifici e poi ritirandoli.
Sembra invece destinato a naufragare il cosiddetto “lodo Del Grosso”, dal nome del deputato che a inizio legislatura aveva proposto ai vertici di rinunciare a metà indennità di mandato agendo direttamente sulla fonte: le Camere. Così da dimezzare l’esborso per le casse dello Stato, rinunciando al lordo e non al netto ( 50%) come avverrebbe d’ora in poi con gli stipendi dei parlamentari 5S. Una proposta che il deputato abruzzese voleva rivolgere a tutte le forze politiche, permettendo a qualsiasi parlamentare ne avesse fatto richiesta di rinunciare a parte dell’indennità. Ma dagli uffici di Montecitorio è stato risposto che sulle indennità di mandato si può intervenire solo per legge, mentre per le indennità di funzione – riconosciute tra gli altri a presidenti, vice e questori – è prevista la possibilità di rinunciare volontariamente.