la Repubblica, 19 giugno 2018
Nel mondo scappa una persona su 110. L’allarme Unhcr sui rifugiati
I 620.000 in fuga dal Congo e i 665.000 Rohingya scappati dal Myanmar sono solo gli ultimi focolai di una crisi sempre più globale che fa sì che oggi nel mondo una persona ogni 110 sia costretta ad abbandonare il suo paese, 44.500 al giorno, una ogni due secondi.
Sono cifre da brivido quelle che vengono fuor dal Global Trend dell’Agenzia per l’Onu dei rifugiati: nel 2017 il numero delle persone in fuga per guerre, violenze e persecuzioni ha superato i 68 milioni di persone, con un aumento record che sfiora il 3 per cento solo lo scorso anno. Cifre che fanno dire a Filippo Grandi, alto commissario Unhcr: «Siamo a uno spartiacque, dove il successo nella gestione degli esodi forzati a livello globale richiede un approccio nuovo e molto più complessivo per evitare che paesi e comunità vengano lasciati soli ad affrontare tutto questo». Da qui muove i suoi passi il nuovo Global compact sui rifugiati che verrà proposto all’Assemblea generale dell’Onu. «Il mio appello agli Stati membri – spiega Grandi – è di sostenerci in questo. Nessuno diventa un rifugiato per scelta, ma noi tutti possiamo scegliere come aiutare». Si scappa dalla povertà e dalle emergenze sanitarie e climatiche del sud del mondo e dai teatri di guerra e si finisce, nell’ 85 per cento dei casi, non in quelli del nord ma in quelli in via di sviluppo. Ma dei 68 milioni di perone in fuga meno di un terzo sono rifugiati, 25 milioni: 40 milioni si spostano all’interno del loro stesso paese e 3,1 milioni sono richiedenti asilo. Una “quota” che presenta una particolare criticità, sia per i tempi troppo lunghi di attesa della decisione sulle istanze (che solo nel 2017 hanno fatto lievitare la cifra da 300.000 a oltre tre milioni) sia per il consistente numero di minorenni. Il 53 per cento dei rifugiati sono under 18 e di loro moltissimi sono quelli che sono fuggiti da soli o sono stati separati dalle famiglie.
Basta seguire i flussi sul mappamondo per rendersi conto come la tanto sbandierata “invasione” dell’Europa e tantomeno dell’Italia da parte dei migranti in partenza dalle coste libiche non sia neanche ai primi posti della “classifica”. I 6,3 milioni di persone fuggite dalla Siria, i 2,6 milioni dall’Afghanistan, i 2,4 milioni dal Sud Sudan, gli 1,2 milioni dal Myanmar e i 986.400 dalla Somalia hanno trovato porte aperte in Turchia (che con i suoi 3,5 milioni è il paese al mondo che ospita più rifugiati), Pakistan, Uganda, Libano, Iran, Germania, Bangladesh e Sudan. C’è solo la Germania, dunque, come paese europeo tra quelli che ospita il maggior numero di rifugiati.
E anche l’analisi delle nuove richieste di asilo presentate nel 2017 sposta il baricentro dell’emergenza dall’Europa agli Stati Uniti, lo Stato che ha ricevuto più istanze di protezione internazionale, oltre 331.000, di persone che arrivano dal centro e sud America. Mentre chi fugge dall’Asia o dal sud dell’Africa punta a rifarsi una vita in Germania che, con le sue 198.300 richieste di asilo, precede l’Italia (126.500) e la Turchia (126.100).
Ancora molto bassa la percentuale di chi prova a tornare a casa, 667.000 rifugiati lo scorso anno, solo il tre per cento. E, tra quelli che accettano di rientrare, la maggior parte è rappresentata proprio dai migranti che provano ad attraversare il Mediterraneo con i barconi: Nigeria, paesi del centro Africa, Siria, Afghanistan. Cifra che lievita a cinque milioni se si considerano gli sfollati interni. Solo che di luoghi dove reinsediare chi torna ce ne sono sempre di meno e chi torna – sottolinea Unhcr – «spesso rientra sotto costrizione o in contesti assai precari».