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 2018  giugno 19 Martedì calendario

Nonsenso e poesia: il gioco dell’assurdo

Lasciateci divertire, direbbe Aldo Palazzeschi. Nel cupore dilagante, pieno di gente arcigna, gente che non ride e non sa far ridere, gente che non sorride neanche con il solletico, lugubri maestri di anatemi, mitomani dalla soluzione facile, una boccata d’ossigeno arriva dalla poesia. Affidiamoci all’assurdo, che non ha ambizioni di commentare nulla, e andiamo (in libreria) a cercare sotto le voci: Paolo De Benedetti e Donella Giacotti. Il primo è stato un grande biblista, morto l’anno scorso quasi novantenne. La seconda ha insegnato in un liceo milanese, si è occupata di teatro e di antropologia e si diverte da tempo a comporre poesie giocose. Insieme hanno avuto una lunga corrispondenza nonsensica, da cui è venuto fuori un magnifico libro, Una gioia di nonsense (pubblicato dalla minuscola ed elegante MC Editrice), con i disegni altrettanto nonsensici di Francesco Santosuosso e aforismi di vari autori. PDB: «Sapevo bene, disse Colombo / che la terra non è un rombo / ma sono un po’ seccato / che sia uno sferoide schiacciato». DG: «Un sereno vecchietto a Berlino / aveva eretto un suo murettino. / “Ogni formica che l’oltrepassa / resta impastata nella melassa” / dichiarava assertivo a Berlino». Divertimenti rigorosamente senza senso. Dopotutto, diceva il saggio cinese Laozi: «Colui che sa non parla / Colui che parla non sa». Ribatte PDB: «La bottiglia è quella cosa / che si mette intorno al latte, / ma se poi qualcun la sbatte / ahimè lasso non c’è più». E Martin Lutero sentenzia: «Dio è altrettanto presente nel nostro spirito quanto nelle trippe di un topo». È il sottile gioco tra la realtà e il salto altrove, fa notare Giacotti. Altrove dove? Non si sa, forse nel nostro essere infantile: il nonsenso, diceva PDB, è una poesia «insensata nell’anima, di autore sensato, e antiepigrammatica». Se cercate una morale resterete delusi. Il limerick ne è la forma principe, strofette da bambini. Limerick e altre bagatelle è l’altro libretto di Donella Giacotti che esce in contemporanea per Chimera editore. Ed è pura pacchia verbale, in obbedienza alle regole ferree del genere poetico nato in Irlanda nell’800. Con altre variazioni e divagazioni in versi: incarrighiane, filastrocche, parodie: «Ahimè! Siccome immobile / per colpa di un micetto / stette la sfoglia immemore / orbata del prosciutto, / così percosso e attonito / il commensale sta, / muto pensando all’ottimo / ripieno disparito».