Corriere della Sera, 19 giugno 2018
Spiava per l’arcinemico Iran: arrestato ex ministro israeliano
Ha spiato per il nemico più duro di Israele: l’Iran. Ha mantenuto contatti con agenti iraniani all’estero. Accuse gravi che ne hanno determinato l’arresto in Guinea Equatoriale e l’espulsione verso Israele dove lo hanno messo in cella. È questa la parabola di Gonen Segev, ex ministro israeliano dalla vita spericolata. Troppo spericolata.
La storia del politico è piena di sorprese, con mosse ad effetto e cadute rovinose. Laureato in Medicina, 62 anni, pediatra, capitano dell’aviazione – ormai congedato —, Segev era entrato nel Parlamento israeliano nel 1992 nelle file del partito Tzomet del famoso Rafi Eitan. Poi si era staccato conquistando una certa notorietà in quanto il suo voto alla Knesset fu decisivo per la ratifica degli accordi di Oslo con i palestinesi. Per un paio di anni ha guidato il dicastero dell’Energia, con premier Rabin e Peres, quindi è tornato alla vita privata e ai suoi affari. Non sempre puliti. Nel 2004 resta impigliato in una vicenda di stupefacenti. È arrestato per aver cercato di contrabbandare dall’Olanda 32 mila pillole di ecstasy: finisce in galera ed esce per buona condotta nel 2007. Impossibilitato a esercitare la professione di medico parte e si trasferisce in Nigeria. È qui che inizia la seconda parte delle sua avventura.
Attorno al 2012 – secondo quanto rivelato dalla sicurezza interna, lo Shin Bet – bussa alla porta dell’ambasciata iraniana. Il contatto lo porta nelle braccia degli 007 di Teheran che lo arruolano. Lui sosterrà che sono stati gli ex nemici ad agganciarlo con la scusa di acquistare materiale sanitario, una possibilità di lavoro che ne ha aperta una più intrigante. Segev, sempre in base alle accuse, allarga il suo network cercando di carpire informazioni ad altri uomini d’affari israeliani invitati in Africa. Raccoglie dati sul settore energetico, sulla difesa, su personaggi e siti sensibili. Per portare avanti la sua missione si reca almeno un paio di volte in Iran, ha «appuntamenti» con i «gestori» khomeinisti all’estero, usa sistemi di comunicazione criptati. Una talpa a tempo pieno, probabilmente mossa dal desiderio di denaro.
Alla metà di maggio raggiunge la Guinea Equatoriale, forse per un altro incontro, ma lo stanno aspettando. La polizia locale lo ferma e lo rispedisce a Gerusalemme. Ora sarà interessante capire quanto danno ha provocato: per ovvie ragioni alcune parti del suo dossier sono coperte dal segreto.