il Fatto Quotidiano, 19 giugno 2018
Ballusti
Tenetevi forte, notizia sensazionale: Sallusti ha scoperto la vergogna. Scrive proprio così: “vergognarsi”. Solo che il verbo non è coniugato alla prima persona singolare, come sarebbe doveroso, almeno da quando la grazia presidenziale di San Re Giorgio gli risparmiò gli arresti domiciliari e quella di San Bruti Liberati la galera. No, è coniugato alla terza persona singolare e riferito al sottoscritto e, per estensione, al Fatto. Che, diversamente dal fu Giornale fondato da Montanelli e affondato da Sallusti, ha il brutto vizio di dare notizie. Su tutti. Sabato il sindaco di Livorno Filippo Nogarin ci ha raccontato come arrivò Luca Lanzalone a contatto con i 5Stelle: Lanzalone non era lo stalliere di Grillo e Casaleggio, né l’igienista dentale della Raggi, non si riuniva con Di Maio in una loggia eversiva, e pare non allestisse per loro cene eleganti o gare di burlesque. Era un professionista affermato che la giunta di Livorno scelse fra una quindicina di civilisti esaminati in un vasto scouting, in base alle competenze e ai progetti per salvare una municipalizzata (non tutti i presunti corrotti sono anche incapaci). Per le stesse ragioni fu chiamato a Roma, come consulente gratuito per lo stadio (di cui contribuì a dimezzare le cubature) e poi come presidente retribuito di Acea (dove nessuno eccepì sul suo operato). Ora è agli arresti con l’accusa di corruzione che, come abbiamo scritto subito, è incompatibile con la sua permanenza in carica. Infatti gli è stato intimato di dimettersi e l’ha fatto.
Ora, potete immaginare la reazione di Sallusti dinanzi a un oggetto volante non identificato detto “notizia”: quella del vampiro davanti alla luce o all’aglio. Sono anni che cerca invano qualcuno da paragonare ai suoi due padroni: quello finto, Paolo B., più volte arrestato e pregiudicato per corruzione; e quello vero, Silvio B., pregiudicato per frode fiscale (“delinquente naturale”), 9 volte prescritto, tuttora imputato per corruzione di testimoni e induzione a mentire e indagato per strage, nonché descritto dalla Cassazione come un finanziatore ventennale di Cosa Nostra. Ai tempi d’oro del bunga-bunga, provò ad apparentarlo con Kennedy, ma poi, sommerso dalle risate dei presunti lettori, capì che era meglio lasciar perdere. Ultimamente è ossessionato dai 5Stelle e dal loro maledetto vizio di non rubare. Gli è andata maluccio con la Raggi, la Muraro e le polizze di Romeo. Ma ora crede di aver trovato il suo uomo in Lanzalone. E, siccome si crede garantista ma non sa cosa vuol dire, addossa le eventuali tangenti del consulente M5S a Grillo, Casaleggio, Di Maio e Raggi.
Per arguirne – doppio salto mortale carpiato con avvitamento – che, se rubano tutti, il suo padrone è innocente. Tutti uguali e tutti ladri: che, per la malavita, è una bella consolazione. Però, anziché accontentarsi di sguazzare giulivo nel letamaio, Ballusti esagera. Pretende pure di passare per un giornalista, per giunta libero e financo coerente. Solo che per quell’impresa titanica gli mancano proprio le basi. E allora se la prende con noi, non parendogli possibile un giornale senza padroni che non prende ordini da nessuno. Omnia munda mundis, omnia sozza sozzis (Massimo Fini). Da quando siamo nati, ci hanno affibbiato variati mandanti occulti: da Di Pietro a Ingroia, dal Partito dei Giudici alla sinistra radicale, per qualche tempo persino Renzi, ora i 5Stelle. Poi però le nostre cronache e i nostri commenti si sono sempre incaricati di smentire quelle panzane. Per limitarci al M5S: lo scoop sull’incarico dimenticato dalla Raggi che le procurò la prima indagine penale, quello sulle polizze di Romeo, giù giù fino al ritratto al vetriolo di Spadafora che gli è costato un ministero. Ora, noi siamo vicini a Ballusti e capiamo la sua angoscia. Dev’essere terribile specchiarsi la mattina e vedere quella faccia. Specie da quando B. è fuori di testa e oggi ordina di sparare sul governo e domani di difenderlo. Come diceva Guzzanti nei panni di Fede, “nulla è peggio che leccare culi in movimento”.
Pertanto abbiamo deciso di aiutarlo con un consiglio gratuito. Per essere coerenti, gioia mia, devi sceglierti una posizione (un’idea, non un partito) e poi tenerla ferma nei confronti di chiunque. Se, puta caso, uno viene scoperto (da un’indagine penale o da un’inchiesta giornalistica) a compiere fatti gravi e infamanti, oggettivamente riscontrati a prescindere dalla loro rilevanza penale, devi decidere: il tizio deve dimettersi o no? Noi abbiamo sempre detto di sì, beccandoci orgogliosamente di “giustizialisti”. E abbiamo applicato questo principio a B. (i perché son noti), alla Boschi (conflitto d’interessi), alla sindaca M5S di Quarto (omessa denuncia di ricatti), ai deputati grillini indagati per le firme false (rifiuto di rispondere ai pm), a Lotti (accuse di altri renziani su Consip), alla Muraro (bugia, su un’indagine poi peraltro finita nel nulla), a Lanzalone (arresto e conflitto d’interessi). In che senso dunque saremmo “giustizialisti con i nemici e garantisti con gli amici”? E quali amici, poi? Se emergeranno prove che Raggi, Di Maio, Grillo, Casaleggio & C. erano complici in corruzioni, dovranno ritirarsi ipso facto. Al momento però non risulta e il “non poteva non sapere” non è mai esistito, né in una sentenza, né in un nostro articolo. Invece risulta – sentenza di Cassazione – che B. non solo sapeva della mega-frode fiscale da 360 milioni di dollari, ma che ne era “l’ideatore e il beneficiario”. Non solo sapeva: intascava. “I Travaglio d’Italia – scrive Ballusti ridotto alla disperazione – si stanno rimangiando tutti gli escrementi che per anni ci hanno tirato addosso”. Povera stella, controlla meglio: quella roba che puzza non te l’ha tirata addosso nessuno. È il tuo habitat naturale.