Il Sole 24 Ore, 18 giugno 2018
Carceri a rischio sovraffollamento: capienza in deficit di 8mila posti
Le carceri italiane sono sempre più affollate e il divario fra presenze e posti disponibili si allarga. Dopo quattro anni di crescita ininterrotta, il numero di detenuti ha ormai oltrepassato le 58.500 unità (dati ministero della Giustizia al 31 maggio scorso) e si avvicina alla soglia dei 60mila, non più superata dal 2013, anno della sentenza Torreggiani con cui la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) condannò l’Italia per i «trattamenti inumani e degradanti» causati dal sovraffollamento carcerario. Ad allargarsi è anche la forbice fra la capienza regolamentare (50.615 posti, contando 9 metri quadrati a persona) e gli occupanti effettivi (8mila in più). Solo nel 2015 lo scarto era intorno a quota 2.500.
Le cause
Nel 2015, anche grazie agli interventi adottati dopo la condanna della Cedu, si toccò il limite minimo di 52.164 detenuti. Dopodiché le presenze hanno ricominciato a salire facendo segnare un aumento del 13% in tre anni.
Le ragioni sono diverse: dal 2015 hanno ripreso ad aumentare (dopo sette anni) gli ingressi in carcere dallo stato di libertà, saliti in particolar modo nel 2016 (+5% nel biennio 2015-17). Ad aver inciso è inoltre la riduzione delle uscite anche per il venir meno, da gennaio 2016, della «liberazione anticipata speciale», una misura svuotacarceri (Dl 146/2013) che aveva esteso da 45 a 75 giorni per semestre lo sconto di pena per chi partecipava a interventi di rieducazione. Alla base dell’incremento dei detenuti non c’è invece la presenza di stranieri, che è anzi scesa dal 37% del 2010 all’attuale 34 per cento.
Misure alternative e lavoro in carcere
Nonostante le difficoltà, il ricorso alle misure alternative è comunque cresciuto e in otto anni il numero di chi sconta la pena al di fuori delle mura carcerarie è più che triplicato. Il merito è soprattutto dell’istituto della messa alla prova, introdotto nel 2014 e oggi utilizzato da oltre 13 mila persone, contro le 6.557 del 2015. Nato nel processo minorile, questo strumento permette agli adulti che hanno commesso reati lievi e ne fanno richiesta di evitare il processo e cancellare il reato, se svolgono svolgere attività e condotte riparative.
«Le misure alternative potrebbero essere ancor più utilizzate – spiega Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti – ma la sempre più debole composizione sociale dei detenuti, spesso senza fissa dimora, ne limita il ricorso: in carcere oggi ci sono 8.198 persone con una pena residua inferiore a un anno. E questo nel 2017 ha pesato».
In crescita il numero di detenuti che svolge un’attività lavorativa, che resta comunque ben al di sotto della metà. A fine 2017 erano 18.404 (il 32%), in gran parte alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria (soprattutto per lavori domestici) ma anche di imprese e cooperative che gestiscono lavorazioni all’interno delle strutture detentive.