il Giornale, 18 giugno 2018
La Raggi all’ultimo stadio: attacca i morti
A fronte di incapaci, senza idee, senza visioni, depensanti in servizio permanente effettivo, Giorgio Almirante era un gigante. E in grado di dare lezioni di democrazia e di dignità parlamentare a fascisti e fascistelli inconsapevoli. Semplicemente fu fedele alle sue idee, perché le aveva. «Parce sepultis». Almirante andò ai funerali di Berlinguer. In compenso Indro Montanelli e Giorgio Bocca furono fascisti e antisemiti; e Dario Fo aderì alla Rsi, che qualificava come stranieri «gli appartenenti alla razza ebraica». Pietro Ingrao scrisse un’ode a Mussolini. Non bastava la stupidità mostrata dalla Raggi con l’accanimento in favore dello stadio, inutile vergogna per Roma, a solo vantaggio di speculatori e corrotti. Ora infierisce su Giorgio Almirante, negandogli l’intitolazione di una strada. Miseria umana. Mentre Oliviero Toscani evoca il processo di Norimberga per Salvini, la Raggi se la prende con un morto. Almirante appartiene all’epoca di una civiltà politica di cui si è persa la memoria, in nome di una confusione mentale imperdonabile, e senza mostrare alcuna preoccupazione per posizioni ben più estreme di quelle di Almirante. Volevo ricordare alla Raggi quello che disse Roberto Calderoli all’indirizzo della Kyenge, e la sua suprema dichiarazione: «La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni». E ti rivergini esibendo la foglia di fico di Almirante? Lasciamo stare quel galantuomo.