La Stampa, 18 giugno 2018
Il Matteo-contadino entusiasma la Coldiretti: il nostro riso è crollato del 50%, ora risalirà
Dai porti alla diplomazia, dalle forze dell’ordine fino alle pensioni e all’agricoltura. In due settimane dalla nascita dell’esecutivo Conte non c’è praticamente tema di governo che Matteo Salvini non abbia affrontato in prima persona.
Si tratta di temi- dallo stop ai migranti alla tutela dei prodotti italiani – che il Salvini leader di partito ha diffusamente affrontato negli ultimi anni, facendone dei cavalli di battaglia della sua Lega 2.0. E come Silvio Berlusconi- che nella sua lunghissima carriera è stato imprenditore, ma anche contadino e «presidente operaio» – anche a Salvini queste continue metamorfosi, per ora, sembrano riuscire. Oggi è il turno del Salvini- contadino, pronto a «bloccare le navi cariche di riso asiatico». Ad una prima impressione può sembrare una delle tante «guerre» che Salvini ha dichiarato in queste ultime settimane. In realtà la questione è molto seria, visto che da quando l’Unione europea ha aperto all’importazione di riso asiatico a dazio zero (in particolare da Cambogia e ex Birmania), il settore risicolo italiano è entrato in una crisi gravissima. Ogni anno, spiega la Coldiretti, dal Sud-Est asiatico arrivano in Italia 35 milioni di chili di riso importato e i prezzi riconosciuti agli agricoltori italiani sono precipitati: dal -58% per l’Arborio al -57% per il Carnaroli, dal -41% per il Roma al -37% per il Vialone Nano. L’Italia ha circa 4 mila aziende, per un totale di 234.300 ettari coltivati e copre il 50% della produzione Ue. Secondo Paolo Carrà, presidente dell’Ente nazionale risi, le tonnellate di riso a chicco lungo arrivate in Europa da questi Paesi sono passate da 10 mila del 2008 a 370 mila nel 2016.
«Da quattro anni chiediamo alla Commissione Ue una risposta sul riso. Siamo vittima di accordi internazionali», la denuncia del presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo. «In Cambogia ed ex Birmania il riso è prodotto a basso costo impiegando principi attivi che in Italia sono banditi da decenni e con condizioni di lavoro inaccettabili. Mentre il riso italiano è sottoposto a controlli rigorosi». Fino ad ora la Coldiretti ha ottenuto l’etichettatura obbligatoria (sul prodotto ci deve essere scritto da dove proviene il riso) e l’istituzione, da parte del precedente governo, della commissione incaricata di verificare se ci sono le condizioni per applicare la clausola di salvaguardia, cioè determinare il blocco delle importazioni. «Ma i tempi sono lunghi», dice Moncalvo, che si schiera con Salvini. «Siamo favorevoli a lanciare da subito un primo segnale bloccando le navi in arrivo nei nostri porti e sottoponendole a controlli per verificare se rispettano i nostri standard di qualità: in caso contrario quelle partite si possono bloccare».
Ma non c’è solo la «battaglia del riso» nell’agenda di Salvini. Un’altra riguarda il trattato di libero scambio tra Europa e Canada (Ceta), che il ministro leghista Gianmarco Centinaio ha già detto di non voler ratificare per stoppare l’arrivo di grano e carni. «Il grano canadese è trattato con il glifosate, le carni con gli ormoni», attacca Moncalvo. «Dall’inizio dell’anno, grazie all’introduzione dell’etichettatura obbligatoria e alla presa di posizione di alcune grandi aziende, le importazioni dal Canada si sono quasi azzerate: ma sono scelte di imprese, e non basate su accordi internazionali». Nel mirino dei leghisti di governo, anche il cosiddetto «italian sounding» e cioè i prodotti stranieri che richiamano nomi di famosi marchi italiani come il «parmesan». «Non intendiamo ratificare il trattato col Canada perchè tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp», ha spiegato Centinaio. E Salvini in serata- da un comizio a Cinisello Balsamo – si allarga anche sul tema lavoro, schierandosi col collega Luigi Di Maio nello scontro con Foodora che minaccia di lasciare l’Italia se fosse approvato il decreto sui rider. «Questi che mettono in strada ragazzi senza tutele per tre euro all’ora devono essere messi in condizioni di farlo, ma pagando il giusto. Non subiremo ricatti sul tema lavoro».