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Coez: “Amo la sintesi e ammiro De Gregori, non serve spiegare tutto quello che scrivi”
Ha fatto un casino. Lo prometteva nel titolo del suo disco, il quarto, uscito nel maggio dell’anno scorso, da oltre un anno in classifica tra i venti album più venduti, doppio disco di platino e oltre 120milioni di streaming. Numeri che hanno dell’incredibile e che testimoniano il grande momento della musica italiana.
Coez è l’unico artista che riesce a mettere insieme le due anime che si stanno imponendo oggi sulla scena: il rap e la musica “indie”; pur arrivando dalla scena hip hop infatti, a partire dall’album Non erano fiori (2012) prodotto da Riccardo Sinigallia, ha allargato i suo orizzonti musicali e tematici verso altri mondi: il pop, l’elettronica, il racconto delle emozioni attraverso liriche delicate e raffinate. Quest’ultimo disco, intitolato appunto Faccio un casino, vede un importante apporto in fase produttiva di Niccolò Contessa de I cani, uno che su questi temi ci sa lavorare.
Come è iniziato tutto?
«Ho incominciato ad ascoltare hip hop alle medie, nel ‘95. La prima cassetta che ho sentito era di Tupac. Poi ho ascoltato Nevermind dei Nirvana e mi piaceva molto, ma quando ho sentito una cassetta di Colle del fomento intitolata Odio pieno ho capito che era quella la mia cosa. Poi Bassi Maestro e Tormento che è stato forse il rapper più forte mai avuto» .
E oggi che tipo di musica è la sua?
«Crescendo ho sentito sempre più forte la necessità di evitare quello che io chiamo lo “spiegone”: cerco la sintesi, non mi piace dire troppo. Io De Gregori per esempio, non ho mai capito bene quello che voleva dire e forse neanche lui stesso, però ti entra in testa, ti colpisce» .
De Gregori: chi l’avrebbe detto! Però tutto torna vista la sua collaborazione con Niccolò Contessa de I cani...
«Quando ho sentito il primo disco de I cani mi sono reso conto che volevo raccontare cose così. Niccolò è uno un po’ schivo e fra di noi c’è molta sincerità: mi ha detto chiaro cosa gli piaceva e cosa no di quello che facevo. Ci sentivamo: quando è uscita la sua Il posto più freddo gli ho scritto che era una canzone bellissima. Così una sera a cena abbiamo deciso che era venuto il momento di unire le forze. Ed è stato molto divertente» .
E Calcutta le piace?
«Quando uscì Cosa mi manchi a fare ho detto “ però, ‘sta canzone è bellissima!”. Tanto che l’ho rifatta perché in quel periodo avevo un progetto acustico intitolato From the rooftop» .
È vero che hanno rifiutato “La musica non c’è” a Sanremo?
«Sì è vero. Avevo fatto sentire tre pezzi: quello, E yo mamma e Faccio un casino. Niente da fare. Bocciato. Quest’anno invece avevano chiesto a me e Calcutta di fare un pezzo insieme ma ci hanno avvertito una settimana prima e, sinceramente, sia a me che a Edoardo piace fare le cose per bene per cui abbiamo detto di no. È anche una questione di rispetto».
A proposito di scena romana, mai pensato di fare qualcosa con Zerocalcare?
«Sì, certo. Avrei voluto “spoilerare” Faccio un casino attraverso un suo fumetto, perché certi temi mi sembravano vicini e lui m’aveva fatto pure una storia quando i fan dell’hip hop mi attaccavano per il mio cambio musicale in cui spiegava “ perché mi piace Coez”. Così gliel’ho chiesto ma lui non aveva tempo e quindi... Ma lo capisco perché anche per me è così. Poi io sono un uno che non mi va tanto di sta’ a rompè il...» .
In molte canzoni si racconta la mancanza di suo padre, anche con rabbia...
«Beh sì ci ho fatto un disco che, non a caso si intitolava Figlio di nessuno».
L’ha mai conosciuto?
«Sì. Pensandoci adesso posso dire che forse avrei potuto avere anche più scompensi se ci fosse stato, nel senso che ho amici i cui i genitori litigavano così ferocemente che la separazione sarebbe stata la scelta migliore».
Perché è tornato indipendente?
«Sentivo che dopo tanti anni di lavoro ero in grado di gestirmi e volevo avere la libertà totale per fare le mie scelte».
Il video di “Faccio un casino” in cui lei monta i mobili è fatto davvero a casa sua?
«Sì, è casa mia a Milano che adesso ho mollato. Avevo deciso di trasferirmi lì tanto che avevo lasciato la casa a Roma e stavo da Niccolò (Contessa, ndr). Mi sono montato tutti i mobili da solo e ci ho messo settimane. M’era rimasta in testa questa frase in cui dico “casa nuova/ devo sistemare” e così ho pensato che poteva essere il video della canzone: avevo dei punti camera segnati dentro casa e... mi sono ammazzato! Ma io penso che se non c’è fatica, una cosa non viene bene» .
In realtà il messaggio è forte a livello simbolico.
«Per me sì. Una storia è finita e tu ricominci, ti costruisci una casa nuova, fai una cena con gli amici: riparti da zero per crearti un nuovo mondo. Se ti arriva bene. Altrimenti ci sta che ti canti il motivetto senza pensarci più di tanto. Io, come dicevo, credo che le cose non ci sia bisogno di spiegarle. Se ci sono arrivano. Credo nelle emozioni» .