la Repubblica, 18 giugno 2018
Rajoy torna impiegato. All’ufficio catasto
Un posto fisso è per sempre. Anche se sei stato per sette anni capo di governo di una potenza occidentale, hai avuto a che fare con i Grandi del mondo, hai occupato per decenni le stanze dei bottoni. Mariano Rajoy era tutto questo, e ora non è più niente. Sfrattato dal palazzo della Moncloa, non ha impiegato che un paio di settimane per chiudere con la politica e dire, tra lo stupore generale: «Rivoglio il mio posto fisso». Uno stupore dettato proprio dal tipo di professione che l’ex premier ha svolto in gioventù, un particolare del suo curriculum che tutti in Spagna conoscevano e che è sempre apparso atipico per un politico di rango: funzionario del catasto. In realtà, anche quand’era l’uomo più potente di Spagna, Rajoy ha sempre parlato con un pizzico di nostalgia di quell’esperienza: «Non ho mai guadagnato tanto come allora», diceva.
Il posto, quello che ora rivendica, lo ottenne a 24 anni, con un concorso pubblico, e con l’orgoglio di diventare il più giovane funzionario del catasto in Spagna. Prima sede a Villafranca, nella provincia di León, poi a Padrón, vicino a La Coruña, nella sua Galizia. Esperienza interrotta dalla nomina a vice-presidente della Xunta, il governo regionale.
Ma quando quell’esecutivo cadde, ecco riapparire la vecchia passione per il catasto. In più gli assegnarono un posto di ruolo, e lui non se lo lasciò sfuggire: Santa Pola, cittadina balneare di 30mila abitanti affacciata sul Mediterraneo in provincia di Alicante. È quella la sede che dovrà occupare (a meno che non chieda e ottenga trasferimento) dopo un’aspettativa “monstre” durata 28 anni. Allora – tra il 1987 e il ’90 – alloggiava nella stanza 2402 dell’hotel Gran Sol. E passava inosservato. Oggi, c’è da scommettere che la vita di questo centro frequentato da pensionati britannici e tedeschi, sarebbe in parte sconvolta dall’incessante arrivo di troupe tv alla ricerca di immagini della nuova “normalità” nella vita dell’ex leader.
Ma, dopo lo shock per lo sgombero precipitoso dalla Moncloa (la mozione parlamentare di censura costruttiva, con la nomina alla presidenza di Pedro Sánchez, gli ha lasciato poco tempo per il trasloco dagli uffici governativi alla sua casa nel vicino quartiere madrileno di Aravaca), Rajoy ha dato subito una serie di segnali importanti e inattesi tanto al suo partito come al resto della classe politica. Ha deciso di lasciare la presidenza del Pp, che guidava dal 2004, precisando che non avrebbe interferito nella scelta del suo successore (a differenza di quanto è accaduto finora nella storia del partito della destra spagnola). E poi ha annunciato l’abbandono della politica, ufficializzato venerdì scorso con la rinuncia al seggio parlamentare che occupava da 32 anni.
Gli ex presidenti, per legge, hanno diritto a un vitalizio di 80mila euro l’anno. Ma come premier uscente, Rajoy avrebbe potuto occupare pure il posto anch’esso vitalizio – di componente del Consiglio di Stato. Che, oltre a uno stipendio di 100mila euro annuali, gli avrebbe garantito il cosiddetto “aforamiento”.
Se non si tratta di una vera impunità, è comunque considerata dalla maggior parte dei cittadini come un tratto di favore riservato ai politici: chi esercita cariche pubbliche ha il privilegio di poter evitare i tribunali ordinari e viene giudicato direttamente dal Tribunale supremo. Una condizione che avrebbe potuto far comodo a Rajoy visti i processi per corruzione ancora aperti nei confronti del Pp e che non è escluso possano sfiorare l’ex premier. Ma come funzionario del catasto, addio a qualunque forma di privilegio.