la Repubblica, 18 giugno 2018
Stop alle Ong, boom di arrivi: nove migranti su dieci salvati da mercantili e navi militari
I numeri. Parlano i numeri. Dalla Libia si continua a partire e in Italia si continua a sbarcare. Anche dopo la “lezione” della Aquarius. Il governo ha chiuso i porti alle Ong ma non alle navi militari europee e ovviamente alla Guardia costiera italiana che continua a fare il suo dovere: salvare vite umane. E che, da una settimana a questa parte, da quando le Ong sono state messe fuori gioco, si è vista costretta a mandare in giro per il Mediterraneo centrale le sue navi più grandi a “raccogliere” centinaia di migranti soccorsi da chi, ancora una volta, si è trovato con grande generosità ad anteporre la legge del mare ai propri interessi: i mercantili.
I numeri, dunque: delle 2.124 persone soccorse in acque internazionali, in zona Sar libica, negli ultimi otto giorni, ben 831, dunque più di un terzo, sono state prese a bordo da navi commerciali, 1.064 da mezzi militari italiani e stranieri, solo 229 da navi umanitarie, cioè dalla Aquarius. Da quando il ministro dell’Interno ha annunciato per loro ha chiusura dei porti, nessuna Ong ha preso un solo migrante a bordo. Le due navi umanitarie finite nel mirino di Salvini e Toninelli, le tedesche battenti bandiera olandese Sea Watch 3 e Lifeline si sono limitate a fornire assistenza la prima alla Trenton della Us navy alle prese con un naufragio con almeno 12 morti lasciati alla deriva, la seconda ad un gommone con 126 persone prive di salvagente poi prese a bordo dal mercantile Viking Amber.Altro che «trovatevi altri porti, quelli italiani sono chiusi», come ha continuato a twittare Salvini in questi giorni. Dopo la “trappola” tesa alla Aquarius, i 1.495 migranti fatti partire dalla Libia dai trafficanti (ancora senza alcun intervento delle motovedette libiche) anche quelli salvati a poche miglia dalla Libia e che, in teoria, avrebbero dovuto essere portati nel porto piu vicino, da Tunisi a Malta, sono invece arrivati in Italia o arriveranno nelle prossime ore sulla nave Diciotti della Guardia costiera impegnata ieri in una giornata di trasbordi, dalla Trenton della Us navy, dalla motonave Vos Thalassa, dal mercantile Tiger. Tutti tornati, come avvenne nel 2014 subito dopo la fine della missione Mare nostrum, a dare una fondamentale mano d’aiuto per salvare centinaia di vite umane.Fuori gioco o quasi tutte le Ong (la Aquarius a Valencia, la SeaWatch rientrata a Malta per cambio equipaggio, la Lifeline e la Seefuchs troppo piccole per affrontare eventuali navigazioni obbligate con migranti a bordo fino a porti esteri, la Open Arms che proprio oggi torna in zona Sar dopo il sequestro poi annullato da parte della Dda di Catania), sono i più di mille mercantili che nel 2014 salvarono 40mila vite umane a tornare protagonisti, coinvolti ormai quotidianamente dalla sala operativa di Roma.
«Non è il nostro mestiere ma ormai siamo preparati e lo facciamo con il cuore, senza pensare mai a quello che ci costa da un punto di vista economico. Il nostro intento è salvare vite umane, come impone a tutti la legge del mare. E basta lo sguardo di uno solo di quei bambini che abbiamo soccorso per confermarci che abbiamo fatto meno del nostro dovere.Abbiamo sempre tenuto un basso profilo, facciamo quello che ci viene chiesto e poi proseguiamo per la nostra rotta, ma posso dire tranquillamente che senza di noi morirebbero migliaia di persone».
Il “noi” di cui parla Scotto Di Perta, capitano di armamento della Ignazio Messina, è la enorme flotta delle navi mercantili. «Se non ci fossero state le Ong e i mercantili negli anni scorsi avremmo avuto migliaia di morti in più», hanno sempre affermato i vertici della Guardia costiera italiana. Sono centinaia le navi cargo, i rimorchiatori, le imbarcazioni a tutela delle piattaforme petrolifere nel Mediterraneo che ogni giorno incrociano sulla direttrice tra Malta e la Sicilia. «Non passa giorno senza che i telex di bordo non sfornino dispacci con cui la sala operativa della Guardia costiera di Roma segnali imbarcazioni in difficoltà e chieda la disponibilità ad intervenire a chi si trova più vicino. E chi, come noi, naviga quotidianamente in questo mare incrocia quasi ogni giorno e ogni notte gommoni stracarichi di persone – dice ancora il comandante Di Perta – E nessuno si è mai tirato indietro nonostante le difficoltà».
Centodiciannove delle persone poi trasbordate sulla nave Aquarius sono state soccorse proprio dalla Jolly Vanadio della Messina, un’operazione estremamente rischiosa per una nave così grande che si trova a doversi accostare ad un gommone piccolo, quasi sempre sgonfio e stracolmo di gente.«Manovrare una nave di 240 metri di lunghezza e 51mila tonnellate di stazza, riuscire ad avvicinarsi al gommone provando a mantenere la calma tra le persone a bordo che si agitano sempre o per paura o per chiedere aiuto, affiancarsi senza farle ribaltare, tirare giù la scala e far salire lungo la fiancata gente che quasi sempre non sa nuotare è un’impresa. Così come è un rischio, per una nave privata e commerciale, prendere a bordo gente che non sai chi è e che, almeno uno, lo scafista, è certamente in contatto con i trafficanti.Ma sono ragionamenti che si fanno dopo. Per noi l’unica cosa che vale è tirarli su».
Adesso, con l’assottigliarsi della flotta delle Ong e a fronte di una ripresa del flussi, i mercantili tornano protagonisti di un dispositivo dei soccorsi che sembra inadeguato ad affrontare il numero degli eventi in zona di ricerca e soccorso. E il timore, leggendo gli ultimi dati forniti dall’Oim che parla di un aumento del 37,5 per cento dei morti nei primi 5 mesi del 2018 a fronte di una diminuzione degli sbarchi, è quello che il Mediterraneo torni a trasformarsi in un grande buco nero.