la Repubblica, 18 giugno 2018
Nessun diciottenne al Mondiale
Sessant’anni fa il primo gol di Pelé al Galles. Poi vennero Bergomi e Ronaldo. Oggi in Russia nessun 18enne Il motore del Duemila è ancora in fabbrica. Non c’è nessun giocatore che abbia il doppio 0 sulla data di nascita, nessun diciottenne fra i 736 convocati in Russia, non succedeva da Italia ’90. Millennium bug. E c’è un solo ’ 99, l’australiano Daniel Arzani, nato in Iran 19 anni e 5 mesi fa. Insomma, al Mondiale del futuro, in cui la tecnologia entra in campo, il futuro resta in tribuna. O sul divano. Un’inversione di tendenza: c’erano due diciottenni in Brasile ( Olinga del Camerun e Shaw dell’Inghilterra); cinque in Sudafrica (Eriksen, Matip, Aboubakar, Wood e Shaqiri); tre in Germania ( uno era Messi, compì 19 anni durante il torneo) dove fra i convocati risultava anche Theo Walcott, 17 anni, mai impiegato. Ancora, tre 18enni e due 17enni nel 2002 (i nigeriani Opabunmi e Ogbeche); due 18enni e due 17 enni ( Eto’o e Olembe nel Camerun) nel ’98 in Francia, dove si palesò anche Owen. Stavolta, era ancora presto per vedere fra gli inglesi Sessegnon del Fulham o fra i serbi Vlahovic, neoacquisto della Fiorentina. L’Italia non c’è, d’accordo, ma Pellegri, infortunatosi a marzo, Kean o Plizzari sono ancora lontani dal ritagliarsi un posto in Nazionale maggiore. Tuttavia, la storia della coppa l’hanno fatta anche i diciottenni. Il 19 giugno del ’58, sessant’anni esatti domani, Pelé segnò il suo primo gol al Mondiale, a Göteborg nei quarti di finale contro il Galles, e fu un’epifania. Ricevette palla da Didi, spalle alla porta, la controllò di petto, la lasciò scendere sul destro al volo per saltare Mel Charles, poi l’accarezzò quel tanto per battere Kelsey. Fu la rete decisiva che spinse il Brasile verso il suo primo titolo. Pelé aveva 17 anni, 7 mesi e 25 giorni. Segnò ancora tre volte in semifinale con la Francia e due in finale sulla Svezia. Ancora oggi è il quinto più giovane ad aver giocato un Mondiale. I ragazzi si erano fatti notare già nel 1930 in Uruguay: uno dei protagonisti fu Manuel Rosas, messicano, 18 anni e due mesi, padrone di due record. Segnò il primo autogol della storia dei Mondiali, contro il Cile. E poi, nella terza partita contro l’Argentina, quando da difensore fu spostato a ridosso dell’attacco, trasformò il primo rigore della coppa ( e andò a segno anche su punizione), in una partita leggendaria persa 6- 3 dal Messico in cui, in assenza di conferme nella documentazione ufficiale, alcuni testimoni raccontano persino di altri quattro rigori, tutti sbagliati, assegnati dall’arbitro boliviano Ulises Saucedo, che peraltro era anche il ct della Bolivia. Più giovane di Rosas, però, in quell’edizione era il brasiliano Carvalho Leite, 18 anni e 25 giorni al suo esordio: dopo di loro, solo sette giocatori più piccoli hanno effettivamente messo piede in Coppa. Tutti under 18. Il primato appartiene al nordirlandese Norman Whiteside. Seguono Eto’o, Opabunmi, Olembe, Pelé appunto, Ogbeche e ancora Song del Camerun. Whiteside, che si ritirò a 26 anni per diventare podologo, ne aveva 17 e un mese al debutto nel Mundial ’ 82, quello in cui l’Italia schierò un Bergomi baffone ma maggiorenne da quasi sei mesi. Allo Zio andò meglio che a Rivera: in Cile nel ’ 62 aveva 18 anni e 9 mesi quando esordì con la Germania Ovest, fu l’unica presenza. Nel ’ 66 il Brasile convocò Edu che aveva 16 anni e mezzo ma non giocò mai. Nel ’94 lo stesso destino toccò a Ronaldo, i diciotto li avrebbe compiuti a settembre: non entrò, ma la Fifa precisò a fine torneo che anche lui poteva fregiarsi del titolo di campione del mondo.