la Repubblica, 18 giugno 2018
Una biblioteca di 35 mila volumi
Che tanti libri in una casa siano l’incubo di chi trasloca è un banale dato di fatto. Ma per Alberto Manguel impacchettare la biblioteca è stata un’esperienza fuori dal comune. A partire dal numero di titoli da inscatolare: 35mila. L’impresa si è consumata nel giugno del 2015, quando lo scrittore e storico della lettura decise di trasferirsi dalla Francia a New York. Per quindici anni aveva scelto come buen retiro un piccolo paesino della valle della Loira con meno di dieci abitazioni. Il vantaggio della sua era quello di comprendere un vecchio fienile dismesso, che diventò lo spazio per i libri. Abbandonarlo ha significato dire addio alla collezione di una vita. Ma anche scrivere un memoir. Packing My Library, appena pubblicato da Yale University Press, è una ricerca personalissima delle proprie biblioteche perdute. Dalla prima a Tel Aviv, dove il padre era ambasciatore, passando per quella dell’adolescenza a Buenos Aires, lasciata nel 1969, poco prima dell’ennesimo golpe militare, quando c’era chi veniva arrestato come comunista perché sorpreso con Il rosso e il nero di Stendhal. «In ogni posto in cui mi sono trasferito è sempre fiorita spontaneamente una biblioteca»: Parigi, Londra, Tahiti – dove Manguel ha lavorato come editore per cinque anni («i miei romanzi di Melville portano ancora la traccia della muffa polinesiana»). Una biblioteca personale è un’autobiografia che, senza saperlo, scriviamo sulle pagine dei nostri stessi libri, attraverso un’annotazione a matita, una data sul frontespizio, le sottolineature o un biglietto del bus lasciato per tenere il segno. Sono piccole tracce che riaffiorano dopo anni. Manguel racconta il modo in cui aveva ordinato i suoi 35mila libri: divisi prima per lingua e poi in ordine alfabetico per autore. «Pochi di questi possono essere ritenuti interessanti da un bibliofilo serio: una Bibbia miniata tedesca del Tredicesimo secolo, un manuale di inquisitore del Sedicesimo, libri d’artista…». Ma i più preziosi sono quelli che rimandano ai ricordi, come una copia anni Trenta delle fiabe dei fratelli Grimm. I libri, secondo Manguel, non si prestano mai. «Ogni prestito è un invito al furto. Per questo forse non mi trovo a mio agio con le biblioteche virtuali – dice – non si può possedere un fantasma, semmai è lui finisce per possederci». Adesso i magnifici 35mila titoli sono inscatolati in un deposito di Montreal. E Packing My Library, un piccolo capolavoro dedicato all’unico oggetto che sempre riuscirà a salvare il mondo, non ha ancora un editore italiano.