Corriere della Sera, 17 giugno 2018
Amore e guerra, Francesco Baracca cento anni dopo
Accade a un ballo. Lei è una ragazza giovanissima e graziosa, orfana di padre, lui un ufficiale alto, baffuto, di famiglia altolocata. Un giro di valzer e sboccia l’amore. Sembra la trama di un romanzo a lieto fine. Ma siamo nella realtà cruda della Grande guerra, a Udine, il 20 settembre 1917, circa un mese prima della disfatta di Caporetto, e i due protagonisti non sono attesi da un destino felice.
Il militare è Francesco Baracca, nato a Lugo di Romagna nel 1888. Si tratta del più valoroso pilota da caccia dell’aeronautica italiana nel primo conflitto mondiale, morto cent’anni fa sul Montello, il 19 giugno 1918, difendendo a bordo del suo velivolo la linea del Piave. La storia d’amore con Norina Cristofoli, che era nata invece nel 1902 a Tolmezzo, in Friuli, è venuta a galla nel 1995 grazie a Eugenio Barbera, che ha recuperato tredici lettere scritte dall’eroe alla giovinetta, più altri documenti di Norina. Ora lo stesso Barbera firma con Domizia Carafòli il volume Baracca. L’ultimo amore (Est Press, pagine 271, e 14,33), nel quale ricostruisce una vicenda triste quanto romantica.
«Il nostro idillio è stato breve, brevissimo, troppo breve e ne sono tanto afflitto», scrive Francesco a Norina il 3 dicembre 1917. Sono momenti tragici: gli austro-tedeschi hanno sfondato le linee italiane sull’Isonzo e sono penetrati in profondità. Baracca combatte sul suo caccia con l’insegna personale del cavallino rampante, che poi, per concessione della madre dell’eroe, diventerà il simbolo delle auto da corsa di Enzo Ferrari. Proprio in quei giorni, il 7 dicembre 1917, abbatte il trentesimo aereo nemico, un successo per il quale viene insignito della medaglia d’oro. Ma i suoi pensieri vanno anche alla ragazza conosciuta a Udine. In novembre ha saputo che Norina è riuscita a fuggire dal Friuli invaso e si trova a Milano.
I due si rivedono a gennaio nella metropoli lombarda, ma quando Francesco vi torna in marzo, per essere osannato alla Scala, non trova il modo di andare a trovare la ragazza, che certamente ci rimane male. Lui si giustifica scrivendole, il 26 marzo, che era assediato da «amici, conoscenti, inviti».
Nel frattempo la guerra si avvia verso la fase decisiva e Baracca è impegnato allo spasimo. «Sono tutto il giorno sul campo, non scrivo più a nessuno», si scusa con la ragazza nella sua ultima lettera, il 4 giugno 1918. Undici giorni dopo, l’Austria-Ungheria tenta la carta della disperazione sul Piave, con l’offensiva che dà luogo alla decisiva battaglia del Solstizio. Baracca lotta come un leone sin dal primo giorno, porta a 34 il conto dei velivoli nemici messi personalmente fuori combattimento. Ma il 19 giugno non torna da una missione. La carcassa dell’aereo e il cadavere del pilota saranno ritrovati dopo qualche giorno, una volta respinti gli asburgici al di là del Piave.
Sulla morte di Baracca restano molti interrogativi aperti. Probabilmente fu colpito dal fuoco proveniente da terra, ma non è escluso che sia stato abbattuto da un velivolo austriaco. Si discute anche circa l’ipotesi che si sia suicidato per non morire arso vivo sull’apparecchio in fiamme. Di certo per la sedicenne Norina, come ricostruiscono Barbera e Carafòli, è un colpo terribile, da cui non si riprenderà. Cantante lirica di un certo successo, donna attraente, non si sposerà mai né lascerà traccia di altri rapporti sentimentali. Vivrà fino al 1978, conservando sempre le lettere di Francesco. Anche lei a suo modo vittima della guerra.