Corriere della Sera, 17 giugno 2018
Alto-Adige e cittadinanza austriaca. Quando l’Italia andò (molto) oltre
Durante la campagna per le elezioni austriache, Heinz Christian Strache, leader di Freiheitliche Partei Österreichs (un partito che si definisce liberale ma è erede di quello «nostalgico» che fu di Jörg Haider) ha promesso che il nuovo governo, se la destra avesse vinto, avrebbe dato la cittadinanza austriaca agli altoatesini di lingua tedesca. Il Fpö non ha vinto le elezioni, ma i suoi deputati sono necessari alla coalizione presieduta dal cancelliere Sebastian Kurz (Partito popolare) e la cittadinanza ai fratelli del Sud è nella lista delle promesse che il governo vorrebbe onorare. Per la verità Kurz si muove con prudenza e dice di volere agire d’intesa con il governo italiano, ma il problema è sul tavolo e ci rimarrà fino a quando Roma e Vienna non si metteranno d’accordo. Per il momento il governo austriaco vorrebbe capire dove sta andando l’Italia. In altri tempi si sarebbe scontrato con molte resistenze; ma 0ggi si chiede se un vicepresidente leghista, amico della destra europea, possa restare insensibile al «grido di dolore» che si leva dalle terre a sud del Brennero. Se vi sarà un negoziato, comunque, gli austriaci ricorderanno agli italiani che il loro governo non si comportò diversamente quando offrì la cittadinanza italiana agli istriani rimasti in Croazia e Slovenia dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Perché non dovrebbero permettere agli austriaci di fare altrettanto? In realtà l’Italia ha fatto molto di più. Nel 1992, con una sorta di annessione demografica, ha considerevolmente aumentato il numero degli italiani all’estero concedendo la nazionalità a chiunque potesse dimostrare di avere un genitore o un nonno italiano. Poco importa che non avesse mai messo piede nel Paese natale degli avi. Se il «sangue» era stato italiano per almeno due generazioni, quegli argentini e quei brasiliani dovevano essere considerati italiani. Non siamo razzisti, ma l’uso del sangue come criterio di scelta e distinzione è razzismo. Poco meno di dieci anni dopo, quando nel governo Berlusconi vi era un «ministro degli italiani nel mondo», il Parlamento approvò la creazione di alcune circoscrizioni straniere in cui gli italiani all’estero avrebbero scelto i loro rappresentanti per Montecitorio o Palazzo Madama. Il ministro era Mirko Tremaglia, veterano della Repubblica di Salò con idee assai discutibili; ma la passione politica e il calore umano lo rendevano simpatico anche a chi aveva idee diverse e, soprattutto, fame di voti. Incidentalmente il partito di Tremaglia (Msi e successivamente Alleanza nazionale) assomiglia come una goccia d’acqua a quello di Haider e di Strache. Ancora una osservazione. In questi anni il numero delle doppie cittadinanze in Europa è molto aumentato. Lo Stato nazionale di tipo risorgimentale è scomparso e in quelli che fanno parte dell’Unione Europea il doppio passaporto sta diventando sempre più frequente. Ai sovranisti potrebbe spiacere. A me sembra un progresso.