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 2018  giugno 17 Domenica calendario

Uno, trino e Sangiuliano: l’uomo di Salvini per la Rai

Elenco incompleto di amicizie, fascinazioni, icone e referenti del prossimo probabile direttore del Tg1, Gennaro Sangiuliano: Giorgio Almirante e i camerati missini; la dinasty liberale dei De Lorenzo; Mario Orfeo e Vittorio Feltri; i colonnelli Maurizio Gasparri, Italo Bocchino e Ignazio La Russa, Giorgia Meloni e poi ovviamente Silvio Berlusconi; Reagan, Putin e Trump; ora soprattutto Matteo Salvini.
Per l’eterno numero 2 del Tg1 (è vicedirettore dal 2009) il nome più importante della lista è l’ultimo. Sangiuliano, napoletano verace e orgogliosamente nazionalista è approdato anche lui al culto della Lega: Salvini è un “caro amico” scrive su Facebook, nelle ultime settimane gli dedica pensieri e fotografie. C’è un selfie del 6 marzo – due giorni dopo le elezioni – con un altro giornalista Rai della nuova cordata “sovranista” Giuseppe Malara (e la didascalia “amici”). Poi una foto ad aprile (pubblicata in questa pagina) con Salvini che legge il suo libro su Putin. Il capitano leghista negli anni è stato ospite frequente delle presentazioni dei volumi di Sangiuliano. I due si apprezzano e i tempi sono maturi, Genny è finalmente pronto a togliere la parola “vice” dalla qualifica “direttore”: è il nome che farà la Lega rampante per presidiare il Tg1 (o forse il Tg2).
Sempre a destra, ma con opportuna versatilità ideologica, Genny Sangiuliano sfoggia nel suo profilo una grande foto con Almirante. Ardori giovanili: era il 1984 – spiega lui nei commenti – un’assemblea di universitari missini. Poi aggiunge in stampatello: “CREDO NELLE MIE IDEE”.
Idee multiformi: da ragazzo, frequenta pure l’elité napoletana del Partito Liberale. È sotto l’ala di Ferruccio De Lorenzo e del figlio Francesco (ex ministro della Sanità condannato durante Tangentopoli). I De Lorenzo gli affidano la direzione del giornale liberale L’Opinione del Mezzogiorno e gli fanno iniziare la gavetta televisiva alla rete locale Canale 8 (anche di Cirino Pomicino).
Le idee di Genny, insomma, si adattano ai tempi e ai contesti: negli anni 90 l’ex missino Sangiuliano abbraccia naturalmente la svolta liberal-conservatrice di Gianfranco Fini, stringe un’amicizia fraterna soprattutto con Gasparri: la scorsa settimana il senatore è stato il suo testimone di nozze nel matrimonio tutto in Rai con la giornalista Federica Corsini (presente al ricevimento anche Giorgia Meloni, assente Salvini). Per Gasparri, che è un po’ di parte, “Sangiuliano ha il migliore curriculum di tutta Viale Mazzini, è inutile che voi cialtroni scriviate malignità sulle amicizie politiche. Fosse stato di sinistra sarebbe direttore da un pezzo”.
In ogni caso, l’ascesa giornalistica è abbastanza rapida: prima la redazione politica del quotidiano Roma, storica testata napoletana riportata in edicola nel 1996 da Pinuccio Tatarella. Nel 2002 fa il vice di Vittorio Feltri a Libero.
Nel 2003 entra in Rai, presto inviato (Bosnia, Kosovo, Afghanistan) e dal 2009 vicedirettore del Tg1. Sono gli anni in cui il timone è affidato ad Augusto Minzolini, quelli del telegiornale più berlusconiano di sempre. Sangiuliano è in quota An, durante la faida tra Fini e il Cavaliere rimane agganciato alla linea del Minzo. Il tramonto del berlusconismo e del Direttorissimo lo renderà più prudente, come confessa in quei giorni un anonimo giornalista Rai in un crudele retroscena de l’Espresso: “Negli ultimi tempi ha smesso di segnalarci, per i nostri servizi, l’onorevole Pdl Amedeo Laboccetta”.
L’ultima stagione di Sangiuliano – prima post fascista, poi liberale, riformista di destra e berlusconiano – è il populismo. Il vicedirettore fiuta per tempo il cambiamento nell’aria. Lo testimoniano i suoi libri: uno sul “Quarto Reich” europeo, ovvero “come la Germania ha sottomesso l’Europa” e poi tre biografie: una critica su Hillary Clinton e due elegie di Putin e Trump.
Il volume su The Donald è infarcito di invettive contro la sinistra “radical-chic” e brevi manifesti ideologici: “La vittoria di Trump, la Brexit del 23 giugno 2016 e la vittoria del No al referendum italiano sulla riforma costituzionale compongono una sorta di triade hegeliana di riappropriazione della sovranità”. A dire il vero anche durante quel referendum, Genny è vicedirettore del Tg1 sotto il suo amico Mario Orfeo, clamorosamente schiacciato sulle posizioni del Sì. Poco male: con la fine della stagione renziana, Orfeo deve faticosamente ricollocarsi (le opzioni Repubblica, Sole 24 Ore e Gazzetta dello Sport sono tramontate una dietro l’altra). Sangiuliano invece ha la sella sul cavallo vincente, l’“amico” Salvini che rivendica una Rai diversa: “Alcuni telegiornali della Rai – ha detto di recente – sembrano quelli degli anni 20 e degli anni 30”.