Il Sole 24 Ore, 17 giugno 2018
Adolescenza, tutta «colpa» del cervello
Incomprensibili, pigri, scostanti, maleducati, superficiali, poco studiosi: degli adolescenti si parla spesso male. Anche se messo a dura prova dai vizi della natività social e digitale, non è però solo l’adolescente di oggi a dar filo da torcere agli adulti sapiens. Socrate: «I giovani oggi amano il lusso. Hanno cattive maniere, disprezzano l’autorità; mostrano scarso rispetto per gli anziani e adorano chiacchierare invece di esercitarsi». Aristotele: «I giovani sono mutevoli e presto sazi nei loro desideri, impetuosi e facili al seguire l’impulso». E così via, Shakespeare compreso: «Sarebbe bene che l’età degli uomini dai dieci ai ventitré non esistesse, perché non fanno altro che pensare a ingravidar ragazze, fare ogni sorta di soprusi ai vecchi, rubare e azzuffarsi».
Una bella scienziata inglese, Sarah-Jayne Blakemore, ricercatrice della Royal Society University e docente allo University College di Londra, ci spiega che non è così e, nel caso, perché è così. Nel suo primo libro rivolto al grande pubblico (un dubbio: è l’approccio disciplinare a render tutto così “semplice” o la buona scrittura divulgativa?) ci racconta che l’adolescenza non è «un’aberrazione» ma un passaggio obbligato del cervello per tutti gli animali, umani e non umani. L’adolescenza, dice, è affascinante non perché irrazionale o enigmatica, ma perché mostra come i cambiamenti naturali nella fisiologia cerebrale si riflettano nei nostri comportamenti, aiutandoci a capire come saremo da grandi. Il cervello degli adolescenti, insomma, è assai diverso da quello degli adulti: è in pieno cambiamento. Da cui il titolo, Inventare se stessi, ma soprattutto il sottotitolo Cosa succede nel cervello degli adolescenti. Già, cosa succede? Molte cose, di cui una delle più importanti è il pruning, lo «sfoltimento sinaptico», una sorta di «potatura» (il termine è quello che usano i giardinieri). In base alle esperienze ambientali, alcune aree cerebrali si rinforzano, altre, meno utilizzate, vengono eliminate o ridimensionate.
Fino a non molto tempo fa, neuroscienziati e psicologi pensavano che il cervello, con la fine dell’infanzia, cessasse di svilupparsi. Grazie alle tecnologie di scansione cerebrale oggi sanno però che nel corso dell’adolescenza il pruning contribuisce a dar forma alla struttura definitiva del cervello adulto. Insomma, come spesso mi capita di dire a genitori esasperati da figli «sdraiati», il cervello di questi ragazzi, anche quando sembra «spento» o «staccato», è invece al lavoro. Un lavoro impegnativo chiamato maturazione cerebrale. Il fatto di pensare, con gli psicoanalisti, che sono i primi anni di vita, forgiando il dialogo tra temperamento (la «dotazione«caratteriale) e ambiente, a dare l’impronta a molte nostre traiettorie future di personalità non deve impedirci di considerare l’adolescenza come momento di ridefinizione della personalità, con continuità ma anche discontinuità importanti rispetto all’infanzia.
Molti dei tipici comportamenti adolescenziali (dall’attrazione per le azioni rischiose alla difficoltà di vedere le cose dal punto di vista degli altri) possono essere letti anche come conseguenza di un’architettura cerebrale in movimento. Dagli studi risulta che i cambiamenti sono particolarmente evidenti nella corteccia prefrontale: cosa che non sorprende se pensiamo che è qui che troviamo le aree responsabili delle decisioni, della pianificazione, dell’inibizione dei comportamenti inopportuni, della valutazione dei rischi e della comprensione dello stato d’animo altrui. «Fino a circa vent’anni fa – scrive Blakemore – il lato spiacevole del comportamento adolescenziale veniva attribuito agli ormoni impazziti e ai cambiamenti che i giovani affrontano a scuola e nella vita sociale. Oggi sappiamo che il loro cervello va incontro a uno sviluppo sostanziale e che questo probabilmente contribuisce all’insorgere dei comportamenti tipici degli adolescenti».
Al racconto scientifico Blakemore intreccia quello personale. Così, sotto i nostri occhi, l’adolescente bionda fotografata a pagina 10 mentre suona la chitarra a piedi nudi diventa la studentessa che, guanti di lattice, nei laboratori di psicologia sperimentale dell’università di Oxford, prende in mano un cervello umano sotto formalina e capisce che quella “persona” sarà la sua carriera. Cioè la scienziata di oggi, stimata in tutto il mondo.