il Giornale, 17 giugno 2018
In un anno sbarcati a Malta 23 migranti. In Italia 170mila
Quanti dei 3.116 migranti morti nel Mar Mediterraneo nel 2017 si sarebbero potuti salvare se Malta avesse dato la propria disponibilità ad accogliere più delle 23 persone che l’anno scorso sono sbarcate sulle proprie coste? La domanda è semplice, la risposta impossibile. Ma certamente il fatto che un’isola esattamente a metà strada tra le coste della Sicilia e la Libia, dalle quali sono partiti (e continuano a partire) la maggior parte dei 171.635 migranti arrivati in Italia nel 2017, abbia fatto sbarcare sulle proprie coste solo 23 persone in un anno non lascia dubbi su chi, in Europa, abbia davvero chiuso i porti. Ripetiamo i numeri: 171.635 arrivati in Italia, 23 a Malta, 3.116 i morti.
I dati in queste pagine, elaborati dal sito di datajournalism Truenumbers.it, sono ufficiali (Eurostat) e dicono che i moli maltesi sono blindati almeno dal 2016 quando le persone sbarcate furono 25. Ma non è sempre stato così, quindi? Che cosa è successo? Esattamente quello che è successo nell’Ungheria di Orban che, impressionato dalle 177.130 richieste di asilo che gli sono piovute addosso nel 2015, nel 2016 ha chiuso le frontiere. Muscat, premier maltese, ha dovuto sopportare 2.008 arrivi nel 2008 che hanno destabilizzato la piccola isola (460mila abitanti) e l’anno successivo ha alzato i muri attorno ai suoi porti. La differenza è che Orban lo dice, Muscat no e continua ad accusare l’Italia di non essere abbastanza ospitale.
La politica dei porti chiusi porta al seguente risultato: i cittadini non europei residenti a Malta sono il 5,2% della popolazione totale mentre quelli extraeuropei che vivono in Italia sono il 5,8%. È vero che, stando all’Alto Commissariato Onu, il numero di rifugiati nell’isola era, nel 2016, pari a 7.948 persone (18,3 per mille abitanti rispetto ai 2,4 dell’Italia) ma quei numeri sono il frutto dell’inaspettata quantità di sbarchi del 2015.
Gli Stati che alzano i muri, come sta facendo l’Italia e come hanno fatto Ungheria e Malta, non sono, però, spaventati solo dall’incapacità di affrontare migliaia di arrivi ma dal fatto che, una volta sbarcati, sia difficilissimo espellere coloro che non hanno diritto di ricevere lo status di rifugiato o di ottenere la protezione sussidiaria. L’anno scorso tutti gli Stati dell’Unione emesso 279.215 provvedimenti di espulsione ma ne sono stati eseguiti 151.398, poco più della metà. Lo stesso vale per l’Italia: l’anno scorso le espulsioni decretate nei confronti di persone extracomunitarie sono state 45.068 delle quali 25.110 non eseguite. Significa che il 55,71% delle persone che sarebbero dovute andare via nel 2017 sono rimaste dentro i confini nazionali e vanno ad ingrossare l’esercito di uomini e donne di cui le autorità non sanno assolutamente nulla. Di quante persone è composto questo esercito? Si possono fare solo delle stime: secondo la fondazione Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) al primo gennaio del 2017 erano 491mila, in crescita dai 435mila dell’anno precedente. I provvedimenti di espulsione originano dal rifiuto della concessione dello status di rifugiato o di qualsiasi altra forma di protezione. E le domande sono in aumento. Gli ultimi dati del ministero dell’Interno si riferiscono a maggio di quest’anno e dicono che, rispetto ad aprile, l’aumento è del 14%: dalle 4.525 di aprile alle 5.172 di maggio. Se la media verrà rispettata, circa il 60% di queste domande verrà rifiutato e, quindi, il richiedente espulso. Almeno sulla carta. Più probabilmente si darà alla macchia e di lui non si saprà più niente.
Poi c’è il lato oscuro, ancora più oscuro, ed è quello nel quale si parla di soldi. Dati i numeri in gioco il business è effettivamente enorme e sarebbe sbagliato pensare che a sfruttare i nuovi schiavi siano solo poche decine di scafisti libici. In realtà in tutta Europa ci sono decine di migliaia di persone che guadagnano sulla pelle di chi è riuscito a sbarcare, spesso miracolosamente. Frontex, solo l’anno scorso, ne ha segnalate alle autorità nazionali ben 10.213 che, sommate a quelle degli anni precedenti, fanno un esercito di profittatori composto da 45.091 persone individuate in soli 4 anni. E poi c’è chi li dà, i soldi, cioè lo Stato italiano. Secondo i vari Def (Documento di Economia e Finanza) governativi, la spesa per l’immigrazione nel 2017 è stata pari a 4,3 miliardi di euro ed è prevista che aumenti a 4,6 miliardi nel 2018. A fronte di questi soldi il contributo europeo è stato ridicolo: 78 milioni nel 2017 e 80 nel 2018. C’è bisogno di aggiungere altro?