Il Messaggero, 17 giugno 2018
Scorte, ecco il decalogo: meno sirene e sgommate
Se si facesse un’indagine fra gli scortati d’Italia, si scoprirebbe che coloro davvero in pericolo farebbero volentieri a meno degli angeli custodi. Non si sentono in prigione, ma poco ci manca. Quanti invece non vivono una situazione di reale rischio, non rinuncerebbero mai a quello che purtroppo negli anni si è trasformato da necessità in status symbol. Il guaio è che questi ultimi sono la maggioranza. Ed è a causa di questa maggioranza che tra i cittadini è montata l’insofferenza nei confronti di un servizio che dovrebbe garantire solo la sicurezza di quelle persone finite nel mirino della criminalità organizzata e del terrorismo. Al punto che esiste un protocollo, una sorta di decalogo, che prevede tutta una serie di regole e accorgimenti per rendere compatibile l’esigenza di sicurezza delle persone con quella di non esasperare gli animi di una cittadinanza sempre più insofferente.
Il confine è sottile, a volte viene scambiata per arroganza ciò che è semplice esigenza di non correre rischi e di non farli correre alla persona sotto tutela.
Per questo, il mantra fra i vertici delle forze dell’ordine, ormai è diventato: meno scortati, ma meglio scortati.
I DETTAGLISi punta anche a far cambiare nella gente la percezione dell’auto che sfreccia con luce blu e sirene spiegate. «Devono capire spiega Domenico Pianese, segretario generale del Cosip, sindacato indipendente della polizia che la scorta non è una conquista, ma un’esigenza reale di protezione. Lo Stato deve trasmettere ai cittadini l’idea che le scorte si assegnano solo a chi effettivamente è in reale pericolo di vita». E dunque, cosa prevede questo decalogo? Si prefigge tra l’altro lo scopo di avere un impatto il più possibile morbido sullo scorrere quotidiano sulla vita degli italiani.
Prima di tutto, le sirene spiegate, il passaggio con il semaforo rosso, in corsia d’emergenza o in preferenziale per saltare la fila, devono avvenire solo quando strettamente necessario. Va anche detto che quando esistono reali pericoli, la regola per la scorta è: mai fermarsi, mai subire rallentamenti, variare il più possibile il percorso. Non a caso, l’agguato di via Fani, che costò la vita alla scorta di Aldo Moro, rappresenta lo spartiacque fra due modi di proteggere le personalità. I terroristi riuscirono, perché trovarono il modo per fermare il convoglio di auto. Sono poi previsti diversi comportamenti, a seconda del livello di pericolo dello scortato. È vero che il personale di servizio deve comportarsi allo stesso modo, sia in presenza di una persona ad alto rischio, sia quando si tratta di semplice tutela. Ma è il caposcorta che valuta il da farsi volta per volta e deve avere la ragionevolezza di capire come comportarsi. A volte, diventa obiettivo della criminalità proprio chi è meno protetto. Altre volte, la tutela può riguardare la funzione che si svolge e non la persona, per esempio l’ufficio stampa del presidente del Consiglio, ed è difficile che il trasporto richieda la sirena, le luci e la costante esibizione della paletta. Per questo la sensibilità degli agenti è come sempre fondamentale.
Che fare, poi, quando agli uomini in servizio viene chiesto aiuto nel portare i sacchetti della spesa? Devono rifiutare, perché non è il loro lavoro, e proprio in quel momento il rischio è maggiore: con le braccia impegnate, come si può reagire in caso di agguato? Ma come convincere le persone sotto tutela particolarmente insistenti? Due i livellid’intervento. Prima si cerca attraverso un’attività di persuasione, poi si segnala ai superiori l’anomalia e saranno loro a dover intervenire. Gli agenti hanno tutto l’interesse a segnalare le violazioni alle procedure, altrimenti rischiano sanzioni che vanno dal semplice richiamo verbale fino al licenziamento. Ciò avviene non solo per il semplice episodio del carrello della spesa, ma anche quando l’esigenza di non fermarsi al semaforo rosso porta a eventuali incidenti. In questo caso si deve verificare che tutto si sia svolto secondo i protocolli. In caso contrario, oltre alle sanzioni disciplinari è previsto il pagamento dei danni. Com’è evidente dal protocollo, i vertici delle forze dell’ordine sono consapevoli che una maggiore osservazione delle regole, con una decisa riduzione del numero delle persone sotto protezione (limitandolo ai casi effettivamente necessari), non potrà che portare ad un netto miglioramento del servizio e ad una diversa percezione degli italiani.