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 2018  giugno 16 Sabato calendario

Marc Marquez: “Lo sapete che vivo ancora con i miei?”

È stata la gara più importante della sua vita. L’ha persa.
«Però quel giorno è cominciato tutto», ricorda Marc Marquez. Aveva 9 anni, la stessa luce negli occhi. Fu come entrare in un reality. «Mi hanno dato l’opportunità di fare ciò che amavo di più. Correre. Da allora non ho smesso di imparare».
Ossessione leggera, felice: vincere. Se continua così, ora che ne ha 24 – il viso da bambino – ed è già stato 6 volte campione del mondo, sarà il pilota più grande di sempre. Alla parola grande, Marc si mette a ridere. «Ho un segreto da raccontare», confessa.
Che segreto?
«Il prossimo anno lascio i miei genitori e vado a vivere in una casa tutta mia. Forse con mio fratello Alex. Londra? Macché, Cervera, a un chilometro da mamma e papà.
Avremo un garage enorme dove mettere moto da cross e biciclette.
Un bel divano per guardare la tv. È il momento di andare, di dire basta alla cameretta condivisa. Sto diventando grande, appunto».
Quando era piccolo, invece.
«Mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto: una pista a Manresa, paesino catalano, una corsa per piccoli. Non ho mica vinto. Però qualcuno m’ha visto e ha deciso di puntare su di me, di aiutarmi economicamente. Prima, in famiglia si risparmiavano i soldi delle vacanze e dei regali di Natale per farmi correre: tremila euro l’anno. Da allora, è stato diverso».
È arrivata l’occasione.
«Ne avrebbero diritto tutti. Io in tv non mi perdo un reality show, tipo Operación Triunfo (tipo X Factor, ndr). Mi piace vedere ragazzi che hanno talento e possono esprimerlo. È stato così anche per me, ed è andata bene. Ma per pochi fortunati, purtroppo ce ne sono molti che non avranno mai quell’opportunità».
Perché si può imparare, a diventare campioni.
«Un pizzico di talento lo devi avere, però se cominci presto puoi costruire il tuo successo. Servono carattere, costanza, coraggio. La voglia. Io ce l’ho sempre, continuo ad apprendere anche oggi. Da Valentino. Da Lorenzo: al Mugello mi stava davanti e potevo studiare il suo stile. Non puoi essere sempre il più veloce: il giorno che sei dietro, che insegui, devi approfittarne per capire qualcosa di più».
Fino a quando andrà avanti questa ossessione?
«Correre, evolvere e vincere per me sono un pensiero fisso. Però positivo. Non ho mai pensato a quanti titoli o gp potrò avere.
Quello che importa è sentire le risposte del mio corpo, assecondare l’istinto».
Peccato per tutti quei fischi che le riservano certi ‘tifosi’.
«In gara do sempre tutto, in modo corretto. Ma si è creata un rivalità, lo sapete. E la gente l’ha estremizzata in un modo non s’era mai visto. Non so se smetteranno, non dipende da me: non mi piace quando fischiano, ma non mi nuoce. Mi fa molto più male quando, come al Mugello, con Pirro sull’asfalto, alcuni spettatori aspettano solo che io venga inquadrato sui maxi-schermi per dirmi di tutto».
Un campione si sente solo?
«L’altro giorno qui al Montmeló è morto un ragazzino di 14 anni: poteva succedere a me, al mio compagno di squadra. La sicurezza aumenta, ma questo sarà sempre uno sport a rischio. Lo sai, e ti fermi a riflettere. A volte invece hai bisogno fisicamente di stare lontano da tutto e da tutti: domenica ero così stanco che ho detto basta, lasciatemi in pace.
Stop. Il giorno dopo avevo di nuovo le energie e il sorriso per tornare tra la gente, e in pista».
Catalano e culés, tifoso del Barcellona.
«Vivo qui e mi considero catalano.
Ma la Spagna è la mia nazione. E ai mondiali tifo per la Roja. Peccato che Griezmann non sia venuto al Barça: ma ho visto il video in cui racconta i suoi dubbi, mi sono immedesimato. Ha scelto di restare all’Atletico, ha scelto con il cuore e allora dico che ha fatto bene».
Lei il prossimo anno avrà Lorenzo in squadra.
«Un campione. Secondo me, se si rimette a fare il ‘martello’ potrebbe vincere già questo mondiale con la Ducati. Meno male che ha firmato con la Honda, almeno in futuro partiremo con le stesse armi. E con lui vicino ( ride), imparerò qualcosa di più».