la Repubblica, 16 giugno 2018
Atene, addio alla Troika ma i greci non festeggiano
La Grecia – dopo otto anni di crisi – cala il sipario sull’era della Troika. Il conto alla rovescia è iniziato: il Parlamento ha approvato giovedì l’ultimo pacchetto di tagli e tasse imposto da Ue, Fmi e Bce. E tra cinque giorni – salvo clamorose sorprese – il party potrà iniziare: l’Eurogruppo girerà l’ultima tranche di aiuti (11 miliardi) ad Atene e annuncerà la ristrutturazione del debito ellenico. E dal 20 agosto – data di scadenza formale del “commissariamento” – il Paese volterà pagina, «rialzando la testa e riprendendo a camminare con le sue gambe», come già festeggia in questi giorni il premier Alexis Tsipras.
Tutto bene quel che finisce bene? Dipende. I “contabili” di Bruxelles – che hanno puntellato il Partenone con 240 miliardi di prestiti – sono contenti: la Grecia e la moneta unica sono salvi (assieme alle banche tedesche e francesi), il Pil ellenico è tornato a salire (+1,4% nel 2017) e dopo 15 tagli alle pensioni e pesanti sforbiciate allo stato sociale il bilancio di Atene ha chiuso l’ultimo anno con un superattivo pari al 3,7% del Pil. La “prova dello scorfano” però – l’indicatore economico più in voga nel vecchio mercato di Atene – racconta un’altra storia: l’austerità ha lasciato cicatrici difficili da rimarginare. E se la Grecia è salva, la strada per salvare i greci è ancora lunga.«Guardi il mio bancone – dice Iannis Biros che da 27 anni vende pesce nell’Agorà – quante cassette di scorfano vede?».Facile due. Due macchie rosse (prezzo 11,98 euro al kg. recita l’etichetta) in un mare di sardine d’argento (1 euro al chilo) che brillano sotto i neon. «Dicono che la crisi è finita ma di soldi in tasca alla gente non ce ne sono ancora.
Nel 2009 ordinavo 10 cassette di scorfani e alle nove di mattina erano esaurite. Oggi fatico a finire quelle che vede». E a far tornare i conti di Iannis ci sono solo le file di clienti in coda per un cartone da due euro di pesce azzurro.
La tragedia greca, insomma, è ancora lontana dal lieto fine. «I segnali di ripresa sono innegabili», dice con orgoglio Dimitris Liakos, uno dei consiglieri economici più ascoltati di Tsipras. La produzione industriale è al massimo da dieci anni, l’economia – grazie al turismo – ha creato tra gennaio e maggio 264mila posti di lavoro, l’export cresce a tassi vicini al 10%. La disoccupazione è scesa (si fa per dire) dal 27,8% di quattro anni fa al 21% attuale. Unico problema: la cura da cavallo imposta dalla Troika («abbiamo peccato per eccesso d’austerità», ha ammesso con colpevole ritardo l’Fmi) ha lasciato il paziente Grecia senza voglia di festeggiare. Il potere d’acquisto è crollato del 24%, il 21,2% della popolazione, certifica Eurostat, vive in «estrema povertà», il doppio del 2008. Lo scorso anno 130 mila persone, il 333% in più del 2013 «hanno rinunciato alle eredità lasciate dai parenti perché non avevano i soldi per pagare le tasse», raccontano all’associazione notarile nazionale.
Tsipras – stretto nelle maglie rigide imposte dai creditori – ha provato a fare qualcosa di sinistra distribuendo il surplus di bilancio (1,4 miliardi nel 2017) alle fasce sociali più a rischio. Ma per ora siamo agli interventi una tantum. E il premier, per sparigliare le carte, ha un obiettivo chiaro: uscire dall’austerity senza condizioni.
La Germania – anche nell’era post-Schaeuble – vorrebbe tenere le redini corte, condizionando la ristrutturazione del debito di Atene all’impegno a implementare tutte le riforme previste, con tanto di controlli più volte all’anno per verifica.«Ce la faremo da soli. Alzeremo gli stipendi, combatteremo il lavoro nero ma non torneremo le cicale del passato», ha garantito il presidente del Consiglio.
«L’Europa in fondo ci deve un po’ di riconoscenza – dice Ioanna Chrysolaras, volontaria della Praxis nel campo di rifugiati di Eleonas – visto che ci ha lasciato in mano il cerino dei migranti quando ha sigillato la rotta balcanica». Dimenticando”parcheggiati” in Grecia 58mila richiedenti asilo. Il copione dell’uscita dall’era della Troika è decisivo per il futuro di Tsipras.
L’austerity e le tasse hanno eroso la popolarità del premier. Syriza viaggia nei sondaggi 10 punti dietro il centrodestra di Nea Demokratia. Nell’era dello storytelling politico, però, il premier sa che nei prossimi mesi potrebbe trovarsi in mano due jolly da calare: la fine (formale) dell’austerity e lo scalpo del taglio al debito, la vera contropartita ai sacrifici degli ultimi tre anni. «Se tutto andrà bene mi aspetto due sorprese – confida un compagno di partito –. La prima è vedere per la prima volta Tsipras in cravatta, come ha promesso di fare in caso di sforbiciata all’esposizione. La seconda sono le elezioni anticipate». La tentazione di sfidare i sondaggi, a quel punto, sarebbe alta. Tsipras, in fondo, era dato per sfavorito anche al voto del settembre 2015, quando ha vinto con 8 punti di vantaggio. La finestra di opportunità è però limitata al prossimo autunno: a gennaio i greci troveranno nelle buste paga e nelle pensioni l’effetto dei tagli approvati questa settimana in aula. E a quel punto convincerli che la crisi è davvero finita sarà ancora più difficile.